Il Sinodo straordinario sulla famiglia voluto da Papa Francesco è sembrato inciampare subito, fin dalle fasi preparatorie, in un duplice paradosso.

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Il primo è quello di essere divenuto, per la sensibilità del tema e per quella, ancora più acuta, dei padri sinodali chiamati a discuterlo, un evento largamente pubblico e esterno nelle sue forme, ma massimamente privato e interno nel suo oggetto. La Chiesa mostra senza pudore le proprie difficoltà e le proprie divisioni, non risparmiandosi neppure le dispuste a mezzo stampa, ma per rimediare al "disordine" dentro di sé, non fuori di sé. Non per sfidare quell'idea meramente sociologica della famiglia che dilaga nel mondo secolare, ma per raccogliere la sfida del contagio secolaristico dentro il mondo e tra le famiglie cattoliche e per ristabilire con esse la misura di un rapporto perduto. Non per (ri)evangelizzare e salvare la famiglia intrappolata nella deriva nichilistica, ma per salvarsi da quello scisma sommerso che sui temi della morale sessuale, riproduttiva e latu sensu familiare ha visto non solo i laici, ma ormai anche gli ecclesiastici prediligere dentro la Chiesa il condiscendente fai-da-te  all'intransigentismo della dottrina ufficiale.

Il secondo paradosso è che il prodotto del Sinodo ben difficilmente troverà un equilibrio effettivamente sinodale, cioè la traccia di un cammino e di una dottrina comune e non solo - come sarebbe scontato pensare - per le resistenze dei cosiddetti conservatori. Su questi temi (e forse non solo su questi) la Chiesa è oggi irriducibilmente pluralistica e per reinventarne l'unità serve qualcosa di più profondo e creativo di una mediazione che registri, a maggioranza, i rapporti di forza tra le diverse anime del cattolicesimo post-conciliare.

Quando Papa Francesco, parlando ai padri sinodali, li ha invitati a lasciarsi "guidare dallo Spirito Santo" e da una "saggezza che va oltre la scienza", li ha di fatto ammoniti a non giungere banalmente a una conta, che decreterebbe il fallimento del Sinodo, chiunque ne uscisse vincitore. Il Sinodo non può limitarsi a contrastare o a ratificare, quarant'anni dopo, l'esito del referendum sul divorzio in Italia o la legge sul matrimonio gay, sui Pacs o sulla civil partnership in Spagna, Francia e Germania...

La sfida della "creatività" cui chiama Papa Francesco forse discende proprio dalla consapevolezza che la Chiesa potrà continuare a dividersi, ma non riuscirà più ad unirsi davvero sulla dottrina e che deve trovare altre strade per ricostruire una possibile (e diversa) unità pastorale.

@carmelopalma