Il dodecalogo sulla giustizia presentato ieri in conferenza stampa dal premier e dai ministri Alfano e Orlando, recando i titoli e non i contenuti delle riforme annunciate, è semplicemente l'ennesimo esempio di quella logica del "così è, se vi pare", che purtroppo rappresenta in Italia l'inderogabile linea di galleggiamento di qualunque esecutivo alle prese con questioni troppo grosse per una politica, ancora, troppo piccola.

Vale per la giustizia, vale - e già si vede, appena si è iniziato a discutere della delega - per il mercato del lavoro, vale per le liberalizzazioni. Vale, in generale, per qualunque intervento, che tocchi la costituzione materiale di una Repubblica corporativa e consociativa, in cui i rapporti tra i poteri sono l'a priori super-costituzionale e non l'oggetto della discussione e della decisione politica, costretta a muoversi (e spesso a strisciare) a valle dei sacri patti e dei sacri testi del cosiddetto "equilibrio democratico".

Nelle linee guida di Renzi e Orlando tutti possono leggere quello che vogliono (visto che al momento non c'è scritto niente) e tutti scriveranno quello che possono. È ancora presto per dire cosa verrà fuori dalla grande concertazione, dal gioco dei veti, dal tira e molla tra i rappresentanti delle "potenze" che si siederanno al tavolo della trattativa, tutti - ma soprattutto quelli che esercitano la rappresentanza sindacal-istituzionale della magistratura - anteponendo a qualunque ragione la funzione legittimante del proprio consenso e delegittimante del proprio dissenso.

Il premier e il ministro della giustizia sono quanto di meglio passa il convento della sinistra in termini di autonomia, se non altro ideologica, dalla vulgata che addebita l'inefficienza della giustizia e delle toghe alla sovrabbondanza degli oneri e alla scarsità dei mezzi. Il secondo, cioè il Guardasigilli, è anche stato uno dei pochi a sinistra a scrivere (in tempi non sospetti, quattro anni fa, ma anche sospettissimi, essendo allora Berlusconi regnante) cose non banali perfino sui temi caldi della separazione delle carriere e dell'obbligatorietà dell'azione penale. Ben difficilmente questo potrà oggi bastare per "rottamare" i niet di categoria e di casta, soprattutto togata.

Per provarci, o almeno per minimizzare i danni e massimizzare la potenzialità riformatrice del dodecalogo, Renzi e il suo esecutivo dovrebbero trattare la faccenda per quella che è, cioè come un vero, onesto e democraticamente vitale scontro di potere e tra poteri. Senza "oltrismi" (oltre Berlusconi, oltre la contrapposizione tra politica e giustizia, oltre le incomprensioni e i sospetti...), che fanno fine, ma disimpegnano dal merito delle divisioni e degli scontri. Mi pare che al momento il premier non abbia né la forza, né la voglia di cercare rogne e a dimostrarlo basta l'appello finto ingenuo alla stampa sulle intercettazioni: "Aiutateci a capire cosa dobbiamo fare: qual è il limite delle pubblicazioni? È giusto che non ci sia limite?".

@carmelopalma