ponte stretto grande

Aldo Capitini è l'apostolo della nonviolenza. Riuscì a persuadere i giovani all'antifascismo - negli anni '30 - mettendo in crisi il falso vitalismo militarista, professando una religiosità aperta, tutta proiettata al "tu", alla produzione corale – cioè politica – di ciò che conta e che vale, contro il vuoto della retorica mussoliniana.

Attraverso la pregiudiziale nonviolenta e l'azione di una propaganda profondamente vissuta, come Gandhi, mise in crisi il regime, sottrasse gli studenti dall'influsso di Gentile (che lo estromise dalla Normale di Pisa), patì il carcere per essersi opposto efficacemente – attraverso il boicottaggio, la diffusione di stampa clandestina, l'obiezione di coscienza, il sabotaggio – alla violenza della dittatura.

Capitini realizzò, in Italia, una resistenza efficace, persuasiva, senza deporre il diritto, esponendosi al rischio della reazione sanzionatoria del Governo, affermando un "nuovo" diritto, la legge del domani, i valori che sarebbero poi stati riconosciuti nella Costituzione Repubblicana.

La nonviolenza, quindi, non ha nulla di passivo né di irenistico: è prassi e attivismo motivato dalla "verità" dell'intimo, della coscienza; è, appunto, lotta dura che si concretizza senza sacrificare i mezzi "disarmati" (mai diretti ad annientare l'avversario) sull'altare di fini superiori e ascosi.

Questa lezione (Aldo Capitini è morto nel '68), come un fiume carsico della vita politica italiana, ha saputo superare gli anni bui dello scontro violento e ideologizzato (il PR di Marco Pannella riprese questa eredità), ha contribuito a tutelare lo stato di diritto dai riflessi reazionari e revanscisti che, con la "strategia della tensione", hanno minacciato per anni le acquisizioni "costituzionali", la natura democratica del nostro stare insieme.

Il dissenso, la protesta, la proposta alternativa, la voce "non governativa", l'opposizione viva e popolare che può riguardare anche una c.d "Grande Opera" imposta dall' alto, senza dialogo, sul futuro di territori sostanzialmente commissariati e tacitati, non può essere affrontata tipizzando un nuovo reato, aggiungendo un'aggravante, introducendo fattispecie penali "speciali" e talmente generiche da colpire, appunto, non la violenza (già oggetto giustamente di sanzione), ma la "radicalità" di un dissenso forte, eticamente orientato, che può esprimersi - per giungere al risultato - anche attraverso le ormai classiche tecniche della nonviolenza, tra le quali ci possono essere - Capitini docet - anche l'ostruzionismo, il picchettaggio, la resistenza passiva, il tentativo risoluto di impedire con tutti i mezzi "disarmati", appunto, la realizzazione di un disastro annunciato come, ad esempio, il Ponte sullo Stretto di Messina.

La Lega Nord (che in queste ore inserisce nel "pacchetto sicurezza" emendamenti contro le manifestazioni colpevoli di svelare progressivamente la bugia dell'Opera risolutiva di tutti i mali del Sud) lo sa bene, Salvini lo ha capito da tempo: rispetto a 15 anni anni fa – l'epoca del "Ponte" di Berlusconi – il fronte del NO alle infrastrutture "feticcio", spacciate per epocali e salvifiche, è molto più complesso e variegato: fioriscono i comitati di cittadini e professionisti, ritornano in campo i partiti riformisti e di buonsenso, l'ideologismo settario è relegato ai margini, il NO viene articolato alla luce dell'"invece del Ponte", delle priorità, delle necessità reali, delle infrastrutture indispensabili e volute dai cittadini.

Il prerequisito di ogni iniziativa - anche di "piazza" e nei luoghi dei "cantieri" - è sempre la nonviolenza e chi vorrebbe il contrario, gli agitatori di professione, sono esclusi dall'organizzazione.

Sullo Stretto, va ricordato, questa impostazione, il senso vero del "satyagraha" (l'insistenza per la verità), si è manifestato nei cortei affollatissimi e colorati di Messina e Villa San Giovanni: nessuna inutile provocazione, nessuna violenza, solo tanto amore per i territori e un profluvio di interventi e documenti qualificati che stanno facendo tremare la "Società Stretto di Messina S.p.a. in liquidazione", risuscitata dal ministro del Papeete.

Ecco perché oggi si tenta di criminalizzare le iniziative future, le visioni diverse, le azioni dirette a sabotare la retorica acritica del SI. Si agisce sul codice penale, stirando, smagliando e deformando le fattispecie di reato, perché occorre silenziare le avanguardie, colpire il metodo efficace della nonviolenza. È opportuno – per le destre al governo – trasformare l'opposizione in "minaccia", chiudere il becco a chi non si arrende, a chi ha voce e volontà necessarie per sospendere, per terminare, per abbandonare progetti non studiati, raffazzonati, pericolosi.

L'obiettivo politico delle Destre (le stesse che hanno inaugurato il loro Governo con un decreto contro i "rave party") non sono i "violenti" ma i "persuasi", i consapevoli, tutti coloro che credono nella salvaguardia dell'ambiente e non sono disposti a cedere ad una norma (sostanzialmente una leggina di carattere amministrativo) che ha riportato in auge un obiettivo politico e partitico vecchio, fallimentare, già bocciato dagli stessi uffici tecnici dei Ministeri, dalle Commissioni di esperti, dai soggetti valutatori dell'impatto ambientale .

In questo quadro, l'opposizione organizzata contro questa pseudo opera "strategica", contro questo cantiere di "rilevanza nazionale", non è solo legittima, è necessaria, produce l'effetto di "salvare" lo Stato dalle possibili derive autoritarie, apre alle norme di domani, alle tutele crescenti, alle nuove opere infrastrutturali, disegnando un metodo di collaborazione, dialogo, dibattito pubblico, coraggio.

Contro tutto questo la Lega Nord, col silenzio complice di tutto il Governo, tenta l'azzardo panpenalistico, minaccia il carcere, cerca di fiaccare le iniziative, spinge le comunità nel chiuso degli interessi privati, relega la critica nel segreto delle coscienze colpevolizzate dall'intervento di polizia.

C'è stato un tempo non così lontano in cui il diritto liberale è stato piegato agli interessi del Potere in modo chiaro e netto, è stato il tempo delle "leggi fascistissime", delle norme di rango superiore (quelle dello Statuto) messe all'angolo e sostanzialmente cassate, grazie ad un "consenso demagogico" artatamente costruito con l'arbitrio e la prevaricazione sorda. Siamo a questo punto? No di certo! Si palesano analogie di forme preoccupanti? Di certo sì!