eterologa

Nella genitorialità c’è qualcosa che viene prima della biologia? Sì, ci sono il desiderio, l’aspirazione, l’amore. Che sono i sentimenti che ti portano a voler essere genitore. La biologia è lo strumento.

Certo, la donna che porta in grembo il nascituro vive, trasmette e condivide sentimenti ed emozioni che possono essere solo sue. Ma anche il genitore non biologico che cresce un figlio vive e trasmette emozioni che sono solo sue.

Pensare alla famiglia entro schemi rigidi escludendo legami affettivi che non rientrino nella “norma” è solo frutto di una convenzione sociale.

La morale non è uguale ovunque e non è uguale per tutti. Sono le costruzioni sociali che finiscono spesso per moralizzare tante condotte che con l’unica, vera regola aurea della morale – non fare del male ad altri – non hanno nulla a che vedere.

Come dice Jonathan Haidt, la morale unisce e acceca. Anche le tradizioni culturali costituiscono dei punti fermi fondamentali nell’accompagnare l’individuo nel suo cammino verso il futuro, ma, al tempo stesso, possono rivelarsi delle gabbie.

La gestazione per altri è un caso paradigmatico di moralizzazione di una condotta che di per sé non è affatto foriera di danno e che, pertanto, dovrebbe rimanere confinata nella sfera intima dell’individuo.

Potrebbe sembrare un concetto ormai astratto se non datato quello espresso da John S. Mill nel suo saggio “On liberty” del 1859: «Il solo aspetto della propria condotta di cui ciascuno deve rendere conto alla società è quello riguardante gli altri: per l'aspetto che riguarda soltanto lui, la sua indipendenza è, di diritto, assoluta. Su se stesso, sulla sua mente e sul suo corpo, l'individuo è sovrano».
Si tratta invece di un principio che, assieme alla correlata regola del danno («il solo scopo per cui si può legittimamente esercitare un potere su qualunque membro di una comunità civilizzata, contro la sua volontà, è per evitare danno agli altri»), sta ancora alla base delle moderne democrazie occidentali e le distingue dalle autocrazie e dalle dittature.

Nella gestazione per altri la coppia che chiede ad una donna di partorire per lei non procura di per sé alcun danno. Anzi, alla base di questo scambio (poco importa se gratuito o retribuito, se non per certe idee di morale) vi è un sentimento di solidarietà che merita riconoscimento. Quella coppia, infatti, potrà realizzare il proprio desiderio d’amore grazie a quella donna.
Se quella donna dovesse venire costretta, invece, saremmo di fronte ad un’altra cosa, come tale sicuramente condannabile, esattamente come è condannabile la violenza sulla sfera intima sessuale.

Ma c’è dell’altro. La gestazione per altri appare degna di riconoscimento morale proprio per la preferenza che offre al principio della vita: quel bambino, infatti, senza la disponibilità di quella donna, non sarebbe mai nato.

Tutto da dimostrare, invece, il danno che il bambino subirebbe per effetto della gestazione per altri. Ormai i dati non mancano e l’esperienza insegna che ci sono bambini che crescono malissimo all’interno delle loro famiglie biologiche e bambini che crescono benissimo all’interno di famiglie omogenitoriali.

La gestazione per altri non andrebbe proibita, ma regolamentata, al fine di accertare che la donatrice stia agendo per libera scelta e la coppia per sentimento vero. Tutto il resto è presunzione morale da Stato etico.