crisafullie grande

La generazione di mio padre ha visto i carri armati sovietici soffocare gli aneliti di libertà dei cecoslovacchi a Praga, seminando morte e distruzione. Hanno mostrato, anche in quella occasione, l’orrore di un regime totalitario, ai tempi comunista, che noi occidentali non abbiamo patito, grazie all'ombrello militare americano della Nato.

La mia generazione sta vedendo i carri armati del regime russo di Putin colpire le libertà a Kiev, seminando morte e distruzione in Ucraina e minacciando tutte le democrazie liberali europee.

Il 24 febbraio non è stato un buongiorno. Per il popolo ucraino e per tutte le persone che nel mondo e in particolare in Europa amano libertà e democrazia, si è materializzato l’incubo di una invasione su larga scala, che le occupazioni illegali russe della Crimea e del Donbass avevano annunciato. In tanti, anzi troppi, avevano sottovalutato cosa significasse avere uno spregiudicato ex colonnello del KGB al Cremlino. La realtà oggi presenta il conto di quell’errore compiuto da una buona parte della classe dirigente italiana e europea. Edoardo Crisafulli dirige l’Istituto di cultura italiana a Kiev e fino a pochissimi giorni fa era lì. Ascoltare le sue parole, al termine di una odissea che dopo molti giorni di viaggio lo ha portato fuori dall’Ucraina, è tanto straziante, quanto prezioso.

In primo luogo Crisafulli si dichiara molto contento del governo di unità nazionale italiano, che con Draghi ha mandato i messaggi giusti. L’Italia sta facendo bella figura, offrendo prove di solidarietà e determinazione. “Questa è una lotta per la libertà. Ho visto in strada a Kiev padri e nonni portare le mogli al confine per poi tornare a combattere. Ragazzini di 18 anni accanto ai militari in prima linea. Mi auguro ci possa essere una tregua per evitare un bagno di sangue. Dobbiamo ribadire i valori delle nostre società liberali.”

Qui non ci sono due torti o due ragioni. C’è una vittima ed un aggressore. Sono fiero – prosegue Crisafulli - di questa Europa che con Von der Leyen lo dice. Poi si potrà discettare di politica. Ed è importante anche evitare di dipingere popolo russo come incivile, anche loro hanno legami con l’occidente e tanti vogliono la pace e pregano per un armistizio subito. Ho visto anche il gran lavoro del nostro ambasciatore non dormire per giorni interi, impegnato ad ospitare tutti i nostri connazionali in ogni possibile sistemazione.”

Dobbiamo anche prepararci ad aiutare ed accogliere i profughi e mostrare solidarietà al popolo ucraino che è culturalmente europeo, ama la cultura italiana incondizionatamente e conserva una dignità incredibile. Crisafulli racconta con emozione di non aver mai visto nessuno chiedere l’elemosina, nemmeno chi non aveva letteralmente da mangiare.

“Noi da anni assistiamo ad una critica feroce all’Europa; e nelle nostre società liberali è un bene e solo qui è possibile; ma l’Europa è la nostra civiltà ed oggi serve restare uniti a difesa dei nostri valori democratici davanti a chi li minaccia”, spiega Crisafulli che ricorda Luciano Pellicani quando diceva che la critica è sacrosanta, ma nei momenti di crisi epocale si vede chi è spirito libero.

“Siamo in un momento come quello del dopoguerra italiano e in uno scontro così epocale si sta con la civilità, tertium non datur. Stiamo con l’occidente libero, stiamo col principio di autodeterminazione dei popoli, con i valori della Costituzione italiana e della Unione europea. E oggi vediamo quanto conti la semina culturale liberale, sia a destra che a sinistra, per fare fronte comune come accadde nella Seconda guerra mondiale quando uno dei miei scrittori preferiti e attivista politico, George Orwell, da feroce critico dell’impero britannico, non ebbe dubbi sul dove stare, cioè con Churchill contro il mostro nazionalsocialista e fascista. Le società aperte stanno in vita col dialogo aperto ma non ne posso più di sentire ‘gli errori dell’occidente’. Non sono gli errori a portare un nazionalista a fare la guerra.”

Nello scorso fine settimana in tante città italiane ed europee si sono tenute manifestazioni di solidarietà al popolo ucraino con la consapevolezza che la loro battaglia di libertà è la nostra. È una novità anche questa, dopo anni in cui le manifestazioni “contro la guerra” hanno censurato la difesa degli aggrediti e propiziato la “pace” degli aggressori. Basti pensare al precedente europeo più drammatico, quello della ex Jugoslavia e delle manifestazioni oceaniche contro il soccorso militare prestato ai bosniaci prima e ai kosovari dopo.

Anche oggi, pure in piazze tutte dichiaratamene contro Putin, si annida questo equivoco. Molta parte della sinistra sociale e sindacale, a partire dalla CGIL, ha censurato l’invio di armi all’esercito regolare ucraino e anche una parte della destra (ex?) putiniana insiste perché la soluzione sia unicamente diplomatica. Che equivarrebbe a dire che l’unica pace possibile è la resa dell’Ucraina. Che tra Putin e l’Ucraina, si sceglie Putin.

@antonluca_cuoco