Monica Cirinnà. Breve esegesi di uno spirito ipocrita
Diritto e libertà
"Ero già nei pasticci di mio, nelle ultime settimane. Nei pochi giorni di ferie, cinque per la precisione, sto facendo la lavandaia, l’ortolana, la cuoca. Tutto questo perché la nostra cameriera, strapagata e messa in regola con tutti i contributi Inps, ci ha lasciati da un momento all’altro. Volete sapere il motivo? Mi ha telefonato un pomeriggio e mi ha detto, di punto in bianco: 'Me ne vado perché mi annoio a stare da sola col cane'.""
Parole oggi consegnate dalla nota Senatrice Cirinnà al Corriere della Sera, in veste “Soccorso Rosso”; dovevano servire da mera Introduzione al “chiarimento”, sulla faccenda delle banconote e della cuccia a Capalbio.Ma lí c’è tutto.
Vale a dire, c’è tutto quello che non dovrebbe esserci, e invece c’è. Ma come verità inattesa, come un senso generale impostosi quasi di soppiatto. Tanto che ció che avrebbe dovuto costituire il nucleo di un fatto particolare si disperde; e ciò che appariva essere solo uno sfondo, si addensa all’improvviso, e si rivela quale autentica essenza di tutto un mondo, come si dice.
Le parole, dunque.
C’è subito il vittimismo di chi ha “pochi giorni di ferie”. Ma senza precisare, e minimamente documentare (volendo essere creduti), la reale onerosità del lavoro svolto, non si esce dall’autocompiacimento di uno stakanovismo senza Stakanov. Tuttavia, almeno i giorni agostani contigui alle “ferie”, per comune conoscenza, rendono l’Italia una generica ma efficacissima “No Fly Zone”. Sicché, il tono si presenta subito insincero e declamante. Proseguiamo.
Dice di aver dovuto fare “la lavandaia, l’ortolana, la cuoca”: e tutto questo, in cinque giorni. A parte che per acquisire quei titoli di antico valore operaio, occorre vivere con quanto si può trarre da quelle fatiche, e non giocarci allo specchio. Qui però conta altro: non si può fare a meno di notare che, fissate come termini di una umiliazione venata quasi di orrore, quelle figure perdono la loro verità e dignità umana: e trascolorano in una alterità spiritualmente lontanissima, lontana solo quanto il disprezzo può esprimere.
Del resto, il registro non muta, non può mutare, quando allo sciagurato trittico, si aggiunge la “cameriera”. Ci si soffermi così su “strapagata e messa in regola con tutti i contributi Inps”. Dove pulsa una rivendicazione baronale e invelenita verso una miserabile (in una accezione vistosamente Non-Hughiana); la quale, pur avendo ricevuto il troppo che una vessatoria regolazione legislativa impone ad una povera “padrona”, l’ha lasciata “da un momento all’altro.”
Con quella stizza di chi vede intaccata una disponibilità sovrana, quasi primordiale sulla persona. E pare dica: *e finiamola una buona volta con questa impostura della “prestazione”: io pago, e la creatura inferiore -ma è poi vero che una cameriera sia una creatura?- sta al mio puro volere, e diciamo pure sotto i miei tacchi*.
Fino alla chiusa sul “motivo” di questa diserzione quasi sovversiva: “mi annoio da sola col cane”. Si badi che l’allusione conclusiva non è superflua. Si tratteggia l’ingrata che non si è contentata di una condizione di tutto riposo. In quel “mi annoio” si annida infatti l’insinuazione dell’inerzia, l’immagine della fannullona spensierata, e perciò, “strapagata”.
Eppure la notazione ancien régime era nata sulla triplice fatica di “lavandaia, ortolana e cuoca”, cui “la nostra cameriera” l’aveva costretta (“tutto questo perché”) con la sua impensabile decisione. E magari, vorremmo supporre, se doveva dedicarsi a tre così vari profili mansionari, forse la ragazza se n’è andata per questo, e non per una fantomatica noia.
Francamente, i 24.000 Euro del “mistero” qui sono la faccenda moralmente, umanamente e politicamente più cristallina. È il dubbio di un giorno di fronte alle certezze di una vita.