profili volti big 

La paralisi delle istituzioni politiche e sanitarie del mondo civile sui vaccini anti-Covid di AstraZeneca e Johnson & Johnson non è una vittoria della propaganda no vax, né il segno della conquista delle casematte della razionalità scientifica da parte di orde di superstiziosi fanatici e dei loro guru di riferimento.

Non è l’idolatria delle verità alternative sui complotti di Big Pharma e sui vaccini assassini a imbrigliare e imbrogliare le decisioni pubbliche di grandi e consolidate democrazie, ma è piuttosto un fenomeno politico che di molto precede il Covid e che la pandemia ha manifestato nelle sue caratteristiche più fosche, dissimulate nella giudiziosa cautela del principio di precauzione, che sta alla scienza come nella religione cristiana l’Anticristo, cioè il “falso Cristo”, sta al Cristo vero, una controfigura del Bene dietro cui si nasconde il volto del Maligno.

Su tutte le scelte più drammatiche e dilemmatiche – quelle nelle quali non è possibile decidere “senza vittime” e in cui è necessario immaginare scelte di equità complesse e sempre discutibili – la nuova superstizione politica e, per certi versi, il nuovo mainstream democratico è quello dell’abolizione del rischio e della responsabilità e dell’affidamento fideistico alla scienza come strumento di miracolosa conciliazione tra i diritti di tutti e gli interessi di ciascuno.

Questo meccanismo ha un duplice e grottesco risvolto: quello di affidare agli “scienziati” la decisione se aprire o chiudere i ristoranti, o le scuole o le imprese, come se decisioni di questa portata avessero solo una giustificazione epidemologica; e quello di fare dei politici e in genere delle istituzioni dei meri guardiani della democrazia no risk, pronti a bloccare qualunque decisione e quindi qualunque vaccino se non è certo, assolutamente certo, irrefutabilmente certo che “non ci sono rischi”.

La democrazia diventa così, da sistema più efficiente per la gestione del rischio politico, un sistema di abolizione ideologica del rischio tout court. Non troppo diversamente dal comunismo, che su basi rigorosamente “scientifiche”, aveva creato un inferno di alienazione irrazionale dalla realtà delle cose e della vita.

Se non si capisce quale follia rappresenti la proibizione o la sospensione di vaccini per cui è ragionevole sospettare effetti avversi letali di centinaia di migliaia di volte inferiori a quelli legati al Covid, si è destinati a trasformare quella follia in un vero paradigma politico.

È evidente che in questo processo si misura la preminenza della società della comunicazione sulla società della conoscenza, cioè di un rumore di fondo di aspettative, paure e pretese che ha dalla sua la forza del mercato, su un insieme di istanze e di principi razionali tutt’altro che “viralizzabili” nello schema della comunicazione globale. Però sarebbe già importante che le classi dirigenti politiche e scientifiche prendessero atto che la società della comunicazione non è la società della conoscenza, ma l’esatto contrario, e provassero a comportarsi di conseguenza.