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A che serve davanti alle crisi del nostro tempo un documento storico come il Manifesto di Ventotene, che veniva scritto esattamente nell’inverno di ottant’anni fa? Cosa possono dirci le pagine che Rossi e Spinelli hanno prodotto nella microscopica isola pontina in cui erano confinati da tempo, con un accesso molto limitato a libri e informazioni su quello che succedeva in Europa durante la Seconda Guerra Mondiale?

Nella propria autobiografia lo stesso Spinelli non dedicò molte pagine a quel testo, che considerava superato da sviluppi che gli autori non erano stati in grado di immaginare; ma riconosceva che era rimasto vivo e significativo soprattutto grazie a due idee che non hanno mai perso la loro attualità: l’esigenza di operare concretamente sul piano politico per costruire l’unità europea, e il fatto che questa lotta avrebbe separato i partiti progressisti da quelli reazionari secondo il grado di adesione all’obiettivo dell’unità internazionale.

Quelle idee sono ancora più attuali oggi di quanto non lo fossero nel momento in cui Spinelli scriveva la storia della propria vita: dopo il discorso di Draghi in Senato è ormai evidente a tutti che il campo su cui si giocheranno le partite del prossimo decennio e il destino del XXI secolo, è proprio il progetto europeo. Un progetto che, al di là delle (scontate) parole sull’irreversibilità dell’euro, Draghi ha rilanciato con “la prospettiva di un'Unione Europea sempre più integrata, che approderà a un bilancio pubblico comune capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione”. Qualcosa di inimmaginabile, solo dodici mesi fa, e probabilmente di irrealizzabile se nell’estate precedente si fosse davvero andati alle urne (come qualcuno chiedeva pur di ottenere immediatamente lo scalpo di Giuseppe Conte e Rocco Casalino).

Forse però nel “Manifesto per un’Europa libera e unita” ci sono pagine e idee, meno conosciute, che possono tornare di stretta attualità non solo nel (rin)tracciare le radici storiche dei nostri problemi, ma anche nel tracciare la rotta del nostro futuro immediato. È questa l’idea alla base del ciclo di sei incontri organizzato dal Meeting Point Federalista, con la partecipazione di personalità del mondo accademico e non, per confrontarsi sui grandi problemi della nostra epoca: la crisi di civiltà e lo stato di diritto; i diritti sociali e le nuove forme di welfare; ma anche il rapporto tra democrazia, élites e popoli; le migrazioni, i nazionalismi e la cittadinanza europea; le guerre, la pace (vero obiettivo dell’azione federalista) e l’ambiente; e infine la “rivoluzione” federalista e la nascita di nuove istituzioni europee.

Gli invitati si confronteranno su una doppia prospettiva: quella del mondo intellettuale, che ha approfondito questi temi, anche se troppo spesso nella cornice degli Stati nazionali, e quella federalista, che invece proprio a partire dal Manifesto di Ventotene ha immaginato la costruzione di un mondo nuovo, una democrazia sovranazionale che ha trovato nell’odierna Unione Europea una realizzazione concreta, purtroppo molto parziale e non sempre all’altezza dei propri valori.

Come scriveva in un passo famoso il Presidente Einaudi sul tempo della ratifica della CED: “Nella vita delle nazioni di solito l'errore di non saper cogliere l'attimo fuggente è irreparabile. La necessità di unificare l'Europa è evidente. Gli stati esistenti sono polvere senza sostanza […] Solo l'unione può farli durare. Il problema non è fra l'indipendenza e l'unione; è fra l'esistere uniti e lo scomparire”. Questo è certamente uno di quegli attimi fuggenti, anche per l’avvio (pur tra mille segnali sconfortanti) della Conferenza sul futuro dell’Europa: avere al governo una personalità come Mario Draghi sarà l’occasione per l’Italia di compiere il passo che la riporti alla guida del processo di unificazione, insieme a Francia e Germania, lasciate troppo sole per guidare il gruppo. Ma questo sarà più facile se si riuscirà a coinvolgere nel dibattito sul futuro dell’Europa persone di provenienza culturale e ideologica diversa, disposte a confrontarsi sulla questione fondamentale del nostro tempo: come costruire una democrazia globale, all’altezza delle sfide che riguardano l’intera umanità.

Era un’esigenza già intuita dagli estensori del Manifesto, e avvertita in seguito dai pionieri dell’Unione Europea, come Adenauer, De Gasperi, Schumann e Monnet: oggi tocca a noi darci da fare per superare l’europeismo comunitario nel quale siamo nati, e approdare finalmente all’irreversibile passo di una Costituzione europea. Se le iniziative come quella del Meeting Point Federalista si moltiplicheranno, se avranno l’adesione costante e convinta di chi ama l’Europa come l’Italia, soprattutto tra le giovani generazioni, sarà certamente più facile.