Il giallo dell’ambasciatore scomparso e il ruolo dell’Italia
Diritto e libertà
Si è parlato in questi giorni di Jo Song-Gil, 44 anni, ex ambasciatore reggente a Roma per la Corea del Nord, sparito nel nulla con la famiglia lo scorso novembre, proprio mentre era in procinto di essere sostituito nel suo ruolo e di far rientro in Patria. Diverse fonti sudcoreane, incluso un parlamentare che cita fonti dei servizi segreti di Seul (NIS), hanno dichiarato negli scorsi giorni che il diplomatico è in fuga e ha richiesto asilo a un Paese terzo europeo (si parla della Francia, che non ha legazioni diplomatiche ufficiali con Pyongyang) o comunque protezione agli Stati Uniti in cambio di informazioni. Potrebbe essere nascosto al momento in una base americana in Europa (ad esempio Ramstein in Germania) o in un luogo imprecisato in Italia sotto la protezione della nostra intelligence, in attesa di una decisione politica. Altre fonti, invece sostengono che il diplomatico sia già rientrato a casa da settimane (posizione dell’attuale Ambasciatore nordcoreano a Roma), o addirittura rapito (Fausto Biloslavo su Il Giornale del 5 gennaio) da un commando di suoi connazionali inviati dal “Brillante compagno” Kim Jong-Un che aveva subodorato la malaparata.
Il caso è di estremo rilievo, tanto che si tratterebbe della maggior defezione nei ranghi nordcoreani di sempre, anche perché il diplomatico sembra faccia parte di una importante famiglia con diversi membri in posizioni chiave del Regime. C’è un solo precedente significativo, un vice ambasciatore a Londra che vive oggi sotto la protezione della Corea del Sud e che ha scritto in queste ore sul suo blog invitando il disertore a raggiungerlo a Seul. Ma sia Seul che Washinghton sono in un momento storico cruciale nel rapporto con la Corea del Nord, con l’inatteso riavvicinamento dell’ultimo anno, l’avvio del dialogo sul disarmo nucleare e la creazione di commissioni “intercoreane” per discutere l’eventualità di una riavvicinamento tra le Coree, oltre che un prossimo incontro previsto tra Trump e Kim Jong-Un. Dunque non sarebbe facile poter accettare ufficialmente tale asilo politico senza rischiare di compromettere il campo già minato dei negoziati.
Che cosa succederà?
Jo Song-Gil viene descritto come un importante intermediario nelle negoziazioni del regime con la FAO (l’agricoltura è di gran lunga il primo settore economico, e gli aiuti della FAO fondamentali a compensare gli squilibri produttivi e le carestie) e col Vaticano (proprio lo scorso novembre il Pontefice ha ricevuto il suo primo invito a visitare Pyongyang). Inoltre, pare sia al centro di traffici clandestini di prodotti di lusso, tramite un’azienda intermediaria italiana (fonte: Guardian), evidentemente destinati a Kim Jong-Un e al suo “cerchio magico”. È facile dunque attendersi un forte interesse da parte di CIA e altri servizi internazionali ad accedere alle preziose informazioni che il funzionario porta con sé e pertanto, se fosse ancora in Europa, che la sua richiesta venga presto accettata, più o meno ufficialmente.
Quale ruolo dovrebbe giocare l’Italia?
Nessuna dichiarazione ufficiale del Governo, come d’uopo, a parte la Farnesina che smentisce di aver ricevuto richieste di asilo nordcoreane, ça va sans dir. Ma questo insolito ruolo di rilievo dell’Italia in tavoli geopolitici così strategici e così lontani potrebbe essere un’opportunità di politica estera da non farsi sfuggire. Il Ministro Moavero è stato proprio in queste ore ospite del Segretario di Stato USA Mike Pompeo e realisticamente il tema sarà stato in agenda. Ci aspettiamo dunque una soluzione di buon senso, col lieto fine dell’Italia che guadagna crediti con USA e Corea del Sud, con Jo Song che apre un ristorante coreano in qualche area remota d’Italia (Lampedusa?) o che si trasferisce negli Stati Uniti o a Seul e che aiuti a combattere in trasferta la battaglia per la riunificazione pacifica della Corea. Oppure.
Ecco, perdonate un’ombra di pessimismo, ma risuona ancora l’eco pilatiana del caso Oçalan e dell’incapacità (e pavidità) dell’Italia di prendere una posizione chiara e di difendere un dichiarante asilo da sicura tortura in Patria, con la beffa che a Oçalan venne addirittura concesso l’asilo politico solo dopo che era già stato “accompagnato” a Nairobi per farsi estradare tramite Parte Terza in Turchia.
Sarà il Governo oggi in grado di aiutare a tutelare un uomo in cerca di protezione da un Regime autoritario dei più spietati e altrimenti condannato a prigione e crudeltà varie, o sparizione misteriosa, una volta a casa, oltre che portatore di preziose informazioni per gli equilibri geopolitici mondiali?
L’onorevole Razzi, in una divertente ma sinistra intervista su Radio Capital, sembra anticipare il sentimento di tanti: dice di conoscere il diplomatico, definito come “un vero comunista di quelli che ridono poco” e “uno che per tirargli fuori una parola…”, ma si affretta a chiarire “questo non credo, a me che me frega” alla domanda se gli darebbe rifugio e protezione a casa sua.