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Tra i pochissimi partiti rumeni schieratisi apertamente contro il referendum sulle nozze gay c’è l’Unione Salva Romania (USR), un partito nato nel 2016 che grazie a circa il 9% dei voti rappresenta la terza forza politica del Paese. Abbiamo intervistato il suo leader, Dan Barna, 48 anni, vicepresidente della Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati a Bucarest.

 

Il referendum contro le nozze gay non ha raggiunto il quorum. Come si spiega questo risultato?

Il referendum è fallito perché i rumeni sono più maturi dei loro leader, sanno meglio di loro quali sono le vere questioni del Paese: la mancanza di infrastrutture, un sistema sanitario fatiscente, famiglie in difficoltà a causa di bassi salari e un sistema educativo obsoleto. Questo referendum era solo una trappola creata da Liviu Dragnea [presidente della Camera condannato in prima istanza a 3 anni e 6 mesi di carcere per assunzioni fittizie, ndr] e aveva lo scopo di promuovere l'odio e la discordia nella società. Con il referendum i rumeni hanno confermato ciò che l'USR ha detto fin dall'inizio. La domanda posta nel referendum non era di nessun interesse per la gente comune e il suo risultato, in entrambi i casi, non avrebbe cambiato nulla nella vita dei rumeni. In Romania i matrimoni sono regolati dal codice civile, in cui è chiaramente specificato che solo un uomo e una donna possono sposarsi. La maggior parte dei rumeni ha dimostrato di essere davvero un popolo europeo, che crede nei valori e nei principi europei. Vogliamo far parte di un'Unione europea tollerante.

 

Pensa che il risultato del referendum incoraggerà la discussione sulle leggi a favore del matrimonio omosessuale?

La discussione potrebbe prendere forma nei prossimi mesi. Certamente un cambiamento della Costituzione avrebbe reso più difficile ogni riforma delle leggi sul matrimonio. In questo momento, si sta lavorando a una nuova legge per regolare le unioni civili. Dobbiamo vedere dove porta la discussione. Ma non pensiamo che la discussione debba sorgere artificialmente, solo perché si è tenuto il referendum. Si dovrà iniziare a discutere sulla regolamentazione dei matrimoni omosessuali quando la società rumena sarà pronta, e non penso che ci siamo ancora arrivati. Il tema è ancora aperto al dibattito.

 

L'USR trarrà beneficio in termini elettorali dal risultato del referendum?

Sì, l'elettorato ora sa che l'USR è davvero l'unico partito che ha avuto il coraggio di prendere una posizione chiara contro il referendum. Abbiamo compiuto enormi sforzi in questa campagna e siamo riusciti a garantire 12.000 rappresentanti di lista per assicurare lo svolgimento del voto nel modo più democratico, sicuro e legittimo. Grazie a queste persone e ad altri attivisti brillanti, abbiamo messo in piedi un sistema di conteggio parallelo, capace di darci numeri quasi esatti dei votanti a una data ora. Le persone hanno visto che siamo un partito serio e organizzato e sono certo che questo ci porterà più voti nelle prossime elezioni.

 

Quali sono le vostre aspettative per le elezioni europee? Quale sarà il vostro gruppo in Europa?

Con En Marche condividiamo un comune attaccamento alla causa liberale, al di là della posizione filoeuropeista. La democrazia liberale è sotto attacco in Europa, specialmente nell'Europa centrale e orientale. Quanto al gruppo europeo, non abbiamo ancora deciso. Ne stiamo discutendo e abbiamo avuto incontri con quasi tutti i gruppi europei, ma la decisione finale sarà presa dopo le elezioni europee. Abbiamo espresso le nostre preoccupazioni all’Alde a Bruxelles riguardo al partito Alde in Romania e al modo in cui non rappresentano i valori liberali del gruppo. Vedremo se tali preoccupazioni verranno prese in considerazione. Sono abbastanza fiducioso sulle elezioni del Parlamento europeo. L'USR è l'unico partito rumeno che organizzerà primarie interne per decidere i candidati alle elezioni del Parlamento europeo. Ogni membro ha avuto l'opportunità di iscriversi alla gara interna e abbiamo avuto 85 candidature. Attualmente stanno conducendo una campagna internamente, organizzando incontri e dibattiti. Alla fine, si voteranno 7 persone su 85. L'elenco finale, in base ai punti ottenuti da ciascun candidato, sarà la lista che useremo alle europee con 43 candidati.

 

I paesi dell'Europa orientale sono molto più scettici nei confronti dell'UE in molti aspetti. E la Romania?

I rumeni sono pro-UE. Come ho già detto, i risultati del referendum mostrano chiaramente che i rumeni vogliono rimanere nell'UE e diventare un attore importante. Anche se Liviu Dragnea e il PSD stanno disperatamente cercando di farci cacciare dall'Unione, i cittadini rumeni rimangono europeisti. 

 

Per la prima volta la Romania guiderà la presidenza del Consiglio dell'UE. Quali problemi e priorità dovrebbero essere in cima all'agenda?

Sfortunatamente, la Romania è piuttosto impreparata. I dibattiti organizzati dal governo mancavano di esperti e contenuti. È vergognoso che il nostro Paese non sia preparato per un evento così importante. Tuttavia, mi ha fatto molto piacere vedere che il presidente della Commissione europea, Juncker, ha riaffermato l'importanza del vertice di Sibiu l'anno prossimo nei suoi discorsi di quest'anno [si terrà in Romania il 9 maggio 2019, in piena campagna elettorale per le europee, ndr]. Purtroppo, come molti esperti europei hanno previsto, e come il mio partito ha anche segnalato molte volte, sembra che la Romania non sarà in grado di offrire qualcosa di coerente al vertice di Sibiu. La Romania dovrebbe essere un attore attivo e non solo un fornitore di alloggi per il summit. Con il nostro attuale governo, con PSD e Alde che gestiscono il paese, sembra che la presidenza del Consiglio UE sarà un fallimento.

 

Quali fattori hanno contribuito alla rapida crescita del vostro partito in questi due anni?

Nell'ultimo anno, da quando sono diventato presidente, il partito è cresciuto da circa 2000 persone a quasi 6000. La nostra lotta alla corruzione e le nostre costanti campagne di informazione sulle illegalità che a volte i partiti al governo cercano di commettere hanno aumentato le iscrizioni. Anche la campagna “Nessun condannato in una carica pubblica” ha inciso. Insieme ad altri partiti e ONG abbiamo raccolto 1 milione di firme in 6 mesi per una proposta che vuole modificare la Costituzione e impedire ai condannati di rivestire cariche pubbliche. Stiamo lavorando a un programma di governo partecipato. Abbiamo invitato i cittadini a inviarci idee che possiamo discutere e correggere e forse perché no, inserire e nel nostro futuro programma. Siamo aperti a quanti più input possiamo e abbiamo incoraggiato le persone ad unirsi ai nostri dibattiti. Abbiamo anche un altro piccolo progetto locale in corso, che riguarda soprattutto l'assistenza sanitaria e l'istruzione. I miei colleghi di Bucarest, ad esempio, organizzano riunioni frequenti chiamate "Parlamento all'aperto" dove discutono di diverse questioni sociali con i cittadini.