No alla poligamia, sì alle unioni gay. La libertà non porta all'oppressione
Diritto e libertà
Trovo grave che dal fondatore dell'Ucoii, Unione delle Comunità Islamiche d’Italia, Hamza Piccardo sia arrivata la rivendicazione della poligamia come diritto civile, fosse pure una provocazione. Assai più grave della condanna delle unioni omosessuali, che invece accomuna Piccardo a molti politici e commentatori italiani, prevalentemente di orientamento cattolico.
I diritti umani e civili presuppongono l'universalità e l'uguaglianza delle persone, senza distinzione di sesso. La poligamia, o più correttamente la poliginia - che derivi da leggi o consuetudini religiose e culturali - non solo implica, sul piano dei fatti, che l'uomo possa contrarre matrimonio con più donne, ma presuppone, sul piano del diritto, la subordinazione personale, sociale e giuridica delle donne al potere degli uomini. È questa la ragione per cui chi difende la poliginia non ammette la poliandria: perché la stessa donna non può “obbedire” a più uomini.
Non sono d'accordo, dunque, con i libertari che, considerando comunque lecito qualunque contratto tra persone adulte e consenzienti, ritengono compatibile con l'Occidente libero la poligamia, che - ripeto - è storicamente una prerogativa esclusiva degli uomini. La poligamia è legata a una cultura e a una politica di supremazia maschile e di oppressione femminile e di diritti asimmetrici tra uomini e donne. Solo gli uomini possono sposare più donne e solo loro possono ripudiarle.
Come il burka, i matrimoni precoci, o l'infibulazione, così la poligamia è una pratica tradizionale incompatibile con la Dichiarazioni Universale dei Diritti Umani, i principi della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea e con la Costituzione italiana. Quali che siano le motivazioni e le intenzioni di chi vorrebbe solo seguire con sincerità la tradizione, su questo non è possibile alcun compromesso. Non si tratta, peraltro, di un’imposizione culturale. Anche molta parte della disciplina giuridica “tradizionale” sulla famiglia in Italia (si pensi al reato di adulterio, come reato solo femminile, al delitto d’onore o alla supremazia giuridica del marito nella conduzione della vita familiare e nell’educazione della prole) è stata fortunatamente spazzata via da un modello di famiglia radicalmente paritario.
Non penso che rispetto a rivendicazioni come quelle di Piccardo occorra mostrare i muscoli o imporre nuove proibizioni. È più che sufficiente ribadire l’irricevibilità di qualunque pretesa di dialogo che parta dal sovvertimento del principio della piena uguaglianza dei contraenti nel contratto familiare. E' poi profondamente sbagliato legare, come ha fatto Piccardo, le unioni civili per le coppie omosessuali e la poligamia. La poligamia, oggi, sottrarrebbe diritti e imporrebbe uno stato giuridico penalizzante per le donne. Il riconoscimento delle coppie gay, senza togliere nulla a nessuno, ha esteso diritti personali e familiari a chi non ne poteva usufruire e ha cancellato una discriminazione giuridica a danno delle persone omosessuali. Su questo sono quindi in totale disaccordo con Francesco D'Agostino che, nel suo editoriale su Avvenire di ieri, ha denunciato il matrimonio paritario per gli omosessuali come la causa principale del “disprezzo” per l’Occidente del “resto del mondo”, che nel terrorismo islamico si esprimerebbe nella forma più inaccettabile ed estrema.
Le unioni omosessuali e chi le difende – sostiene D’Agostino - darebbero il segno di arroganza intellettuale e proietterebbero una ambiguità irriducibile sulle parole "marito" e "moglie", comunemente riconosciute in tutte le culture e religioni fino alla scelta "illuminista” e ovviamente "laicista" dell'Occidente. Anche se dice a chiare lettere di non giustificare per questo la violenza dei terresti islamisti, D'Agostino comprende che a questa “immagine inquinata” dell’Occidente altri si oppongano, mossi dal “rigetto” e dal “disgusto” per come esso si rappresenta.
Io penso invece che quel che muove la paranoia politica omicida dell’islamismo non sia il disgusto, ma la paura, non il disprezzo per l’anomia valoriale dell’Occidente, ma il panico per un modello di libertà – giuridica, sociale e anche economica – che riconosce a tutti gli individui, a prescindere dal sesso o dalle preferenze sessuali, un uguale diritto e un’uguale dignità.
Esattamente il contrario di quanto prescrive l’ideologia arcaica in cui il sedicente califfo vorrebbe imprigionare in primo luogo l’Islam e poi tutto il mondo assoggettato ai deliri di un califfato mondiale. I fanatici barbuti che sgozzano gli "infedeli" e inneggiano ai massacri di europei o americani, non hanno disgusto per la parità uomo-donna e per la piena cittadinanza, anche giuridica, dell'amore omosessuale: ne hanno terrore. Loro che imprigionano nel burka la femminilità e gettano dai tetti i gay temono la libertà e i diritti inviolabili delle persone, uguali per donne e uomini, perché queste idee minano il loro assoluto potere maschile. Odiano le donne e i gay e il matrimonio di persone libere e uguali, sia esso omosessuale o eterosessuale, per le medesime ragioni. Se gli Stati Uniti annunciano la assoluta parità salariale tra uomini e donne, questo non provoca disgusto negli uomini del Califfo, ma terrore di vedere sbriciolare le fondamenta del loro dominio. Ad aizzarli non è il vuoto, ma il pieno di valori dell’Occidente e la loro forza storica, culturale, economica e politica.
Lascio ad altri di ipotizzare quale potrebbe essere oggi il giudizio del Gesù dei Vangeli sull'amore omosessuale e sull'ostracismo che ha subito nei secoli, dai roghi del Seicento accanto a quelli delle streghe ai forni nei campi di concentramento insieme agli ebrei o, più di recente, alla galera. Io penso, all'opposto di D’Agostino, che la parità tra uomo e donna e il riconoscimento delle coppie gay non siano il tradimento ma l'avanzamento dell'occidente storicamente cristiano e illuminista. Non rimpiango la famiglia giuridicamente indissolubile e la conseguente subordinazione giuridica della donna all'uomo nel matrimonio, superati in Italia solo negli anni settanta e neppure rimpiango la gogna giuridica e sociale per le coppie omosessuali non formate da star della moda o dello spettacolo, ma da persone comuni.
Le donne che, senza ideologismi o furie iconoclaste, chiedono di guidare, di votare, di lavorare e di avere pari diritti anche in famiglia sono e saranno il motore di integrazione tra mondo islamico e l’Occidente. Così come lo sono e saranno le persone omosessuali che chiedono di potere vivere il loro amore alla luce del sole senza rischiare la vita. L'Occidente è forte e inconfondibilmente distinto dal fanatismo perché resta la terra in cui ci si fa forti della libertà e della responsabilità delle persone, proseguendo il cammino che ha liberato le donne dalla subalternità, i neri dal razzismo post schiavista o post coloniale e più di recente le persone omosessuali dai pregiudizi di chi li voleva nascosti a se stessi e alla società. Questo Occidente è forte e per questo attaccato, da chi, forse, ci vorrebbe buttare indietro di un secolo o due per vederci meno liberi e quindi meno pericolosi.