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In Italia, non da oggi, qualunque riforma attinente ai diritti civili, soprattutto se va nella direzione di ampliarli, viene vista essenzialmente come uno scontro ideologico, talvolta filosofico, meritevole di barricate e arroccamenti su posizioni opposte difficilmente conciliabili.

Tuttavia, dato che, anche a causa di questo approccio, l'Italia è rimasta l'unico Paese europeo a non aver regolamentato la materia delle unioni civili, anche tra persone dello stesso sesso, ormai il problema non è più ideologico, ma pratico. Cosa succede se un italiano contrae matrimonio (o altro tipo di unione) con un cittadino di un Paese dove la c.d. "stepchild adoption" (l'adozione del figlio naturale del compagno o della compagna) è regolamentata, ma poi, a causa di una separazione o magari della morte del coniuge, non si vede riconosciuto alcun diritto sul bambino che pure ha contribuito a crescere? E perché mai i figli di queste famiglie, perfettamente integrati nel contesto in cui vivono, devono essere, di fatto e di diritto, tagliati fuori dalla parte italiana della loro famiglia, dal momento che in Italia il matrimonio dei loro genitori non ha valenza legale? 

Il Comites Danimarca, che rappresenta i cittadini italiani a vario titolo residenti in quel Paese, indirizza ai parlamentari italiani una lettera aperta sull'argomento, che Strade volentieri pubblica e diffonde.

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Lettera aperta ai Parlamentari e Senatori.

Onorevoli membri della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica,

Tante parole sono già state scritte su quest'argomento, tuttavia vorremmo arricchire il dibattito con l'esperienza dei connazionali che vivono nel Nord Europa. Il nostro gruppo è formato da tante famiglie e molte delle nostre attività sono rivolte proprio a loro, ed in special modo ai bambini figli di espatriati. Come Comitato degli Italiani all'Estero è tra i nostri compiti e doveri monitorare la situazione e le esigenze della comunità italiana sul territorio danese. Quella che abbiamo incontrato qui è una grande varietà di famiglie, e ci siamo resi conto che il concetto di famiglia tradizionale non riesce sempre a garantire a questi nuclei i diritti e la protezione necessari per far crescere i propri figli serenamente.

In particolare vorremmo portare alla vostra attenzione la situazione in cui si trovano i figli delle così dette famiglie omogenitoriali, conosciute anche come famiglie arcobaleno. Per quanto possa sorprendere alcuni, sono famiglie molto simili alle nostre, in cui i genitori cercano al proprio meglio di far crescere bene i propri figli, provando a conciliare gli orari di asili e scuole con quelli lavorativi, lottando per far quadrare il budget ed affrontando le mille sfide che comporta avere dei bambini bilingue a cui non si vuole far dimenticare le proprie origini italiane.

Non sono tutte famiglie perfette, ma, se guardiamo bene, non lo sono neanche le nostre, anche in queste famiglie ci sono momenti di difficoltà e disaccordo che purtroppo talvolta finiscono in divorzi. Purtroppo per questi bambini, che teniamo a sottolineare, sono italiani, manca una tutela dei loro diritti, dovuta ad un vuoto normativo.

Qual è il problema? Dal momento che manca una legge di riferimento, il consolato non può registrare i documenti di matrimonio tra persone dello stesso sesso (che sono consentiti in Danimarca) ne il certificato di adozione internazionale o addirittura il certificato di nascita dei bambini. Si arriva alla situazione paradossale in cui il figlio naturale di una mamma italiana non può essere registrato perché sul certificato compare anche il nome della compagna magari danese.
Quali sono le conseguenze? Chi le paga?

Purtroppo come spesso succede si colpiscono sempre i più deboli o chi non può difendersi. A questi bambini vengono negati tutti i diritti anagrafici, quelli di riconoscimento come figli e fratelli, i diritti ereditari, la cittadinanza del paese a cui appartengono, ogni tutela in caso di morte prematura del genitore italiano (se il bimbo non è riconosciuto dallo Stato i parenti italiani non possono chiederne l'affidamento).

I problemi non riguardano solo questi casi drammatici ma tanti aspetti della loro vita, come ad esempio la possibilità di passare un Natale in Italia (per poter viaggiare con minori è necessario avere il figlio registrato sul passaporto). Come se questo non bastasse, la situazione diventa drammatica in caso di divorzi, in special modo se uno dei due partner è danese. Ci tocca assistere a casi di genitore gay divorziato costretto a tornare in Italia e a rinunciare completamente ai propri figli che non può portare con se perché non registrati.

La Danimarca è un paese che tutela i diritti di tutti i propri cittadini, anche quelli dei più deboli o diversi, e ci dispiace molto dover constatare che almeno in questo caso l´Italia non sembra ancora essere altrettanto attenta. I genitori, anche se diversi agli occhi di alcuni, difficilmente rinuncerebbero ai propri figli senza lottare. Per cui consultano avvocati, scrivono testamenti, fanno ricorsi in tutti i tribunali e gradi. Nel frattempo chi soffre sono questi bambini. Come spesso accade chi soffre di più, è chi non ha le risorse, i mezzi, la cultura, la salute o la forza per difendersi, ed è qui che uno Stato deve intervenire a tutelare i diritti di tutti i propri cittadini.

Per questo motivo vi chiediamo di pensare anche a loro quando dovrete scegliere tra pochi giorni cosa votare. Facendo appello alla vostra coscienza vi ringraziamo per l'attenzione e vi auguriamo buon lavoro,

Il Comites Danimarca*

 

*I Comites sono organismi incaricati di rappresentare le esigenze dei cittadini italiani residenti all'estero nei rapporti con gli Uffici consolari, con i quali collaborano per individuare le necessità di natura sociale, culturale e civile della collettività italiana all'estero. Il Comites Danimarca, tra i più giovani e attivi, riunisce prevalentemente lavoratori e professionisti italiani che vivono e lavorano nel paese nordeuropeo.