Ultimamente si è fatto un gran parlare della trascrizione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso contratti all'estero, accordata o negata a macchia di leopardo - si potrebbe dire "a sentimento" - un po' in tutta Italia. Sindaci, prefetti, ministri, tribunali ordinari e amministrativi: tutti hanno fatto in modo di dire la loro. Unico assente, tanto per cambiare, il Parlamento.

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Tralasciando ogni riferimento alla battaglia di civiltà, al buon senso, ai pari diritti che ogni cittadino dovrebbe vedersi riconoscere a fronte di pari doveri richiesti da parte dello Stato, ed evitando così di dare il via al solito muro contro muro condito da ipocrisia e faziosità, occorre riportare la questione relativa alla trascrizione delle nozze omosessuali sul binario degli effetti reali e concreti che la mancata applicazione di questa forma di pubblicità potrebbe generare.

La trascrizione è un mezzo di pubblicità legale che, in quanto tale, assume valore non solo di garanzia opponibile a terzi, ma anche e soprattutto di garanzia per i terzi, che grazie ad essa possono venire a conoscenza dell'atto trascritto; nel caso delle nozze gay contratte all'estero, la trascrizione nei registri dello stato civile italiano avrebbe valore costitutivo per i coniugi che vedrebbero così riconosciuto l'atto di matrimonio e il conseguente dispiegarsi degli effetti civili del contratto, ma anche valore di pubblicità dichiarativa nei confronti di tutti i soggetti, pubblici e privati, che si trovassero a incrociare le vite, pubbliche e private, dei due coniugi.

Analizzandola come questione di diritto generale, al di là delle convinzioni filosofico-religiose dei singoli, e partendo dal presupposto che i gay esistono, si amano, si sposano, fanno figli e pagano le tasse, l'ammissione o meno della trascrizione dei matrimoni omosessuali contratti all'estero, erroneamente classificata come semplice desiderata della comunità LGBT e derubricata a mero capriccio egoistico-ideologico di una parte, determina il grado di garanzia che uno stato decide di riconoscere ai propri cittadini.

Poniamo il caso di una persona omosessuale che, contratto matrimonio all'estero e non potendolo trascrivere in Italia - risultando quindi forzosamente celibe/nubile per lo stato civile italiano - decida successivamente, per molteplici motivi, di sposarsi anche in Italia con altra persona di altro sesso; il matrimonio italiano sarebbe formalmente perfetto e produrrebbe tutti i suoi effetti tipici, così come però, del resto, continuerebbe a produrli quello estero contratto con altro soggetto.

Per lo stato italiano potrebbe configurarsi bigamia nonostante il rifiuto della trascrizione dell'atto contratto all'estero lo privi de iure e de facto degli effetti civili in Italia? Il "bigamo" sarebbe probabilmente perseguibile dallo stato estero, ma come si porrebbe l'Italia nella questione, dato che il suo ordinamento non riconosce quell'atto come produttivo degli effetti civili del matrimonio?

Qualunque fosse il risultato giurisdizionale, l'unica certezza è che il soggetto non tutelato, e quindi danneggiato dalla mancata trascrizione, risulterebbe il soggetto terzo al matrimonio contratto all'estero, quello che, inconsapevolmente, con la "complicità" dello stato italiano, avrebbe contratto matrimonio in Italia con una persona ufficialmente, per le leggi del Paese, libera.

Per intenderci: Matteo sposa Ignazio in Canada; Ignazio e Matteo non possono trascrivere il loro matrimonio in Italia; Matteo, magari anche con la complicità di Ignazio, si sposa in Italia con l'inconsapevole Daniela; per la legge canadese Ignazio e Matteo compongono una famiglia e Matteo continua ad avere degli obblighi famigliari nei confronti di Ignazio, compresi quelli patrimoniali. Cosa accadrebbe in termini di asse ereditario tra Ignazio e Daniela (ed eventuali figli) al momento del decesso di Matteo? Daniela e la sua tipica famiglia tradizionale si troverebbero esposti alla "minaccia" rappresentata dalla comparsa di Ignazio e delle sue legittime pretese, per colpa di uno Stato che, in virtù di una ideologica e astratta difesa della famiglia tradizionale, aveva de iure e de facto deciso di non riconoscere il matrimonio di Ignazio e Matteo. Se quel matrimonio fosse stato trascritto e reso pubblico, ciò avrebbe permesso a Daniela di "conoscere per deliberare".

Ma la trascrizione delle nozze gay non limiterebbe la sua natura di garanzia al solo ambito del diritto di famiglia.

Immaginiamo il caso di chi, contratto matrimonio all'estero, sia destinatario di procedimenti esecutivi per il recupero di somme di denaro; come potrebbero i creditori rifarsi sul patrimonio nella disponibilità di quello che lo stato italiano non vuole considerare coniuge ma semplice estraneo? Anche in questo caso il soggetto danneggiato dalla mancata trascrizione risulterebbe il terzo che, vantando un credito esigibile nei confronti di uno dei coniugi, non potrebbe vedere soddisfatte le sue legittime richieste.

Si pensi anche alla testimonianza in giudizio resa dal coniuge non trascritto, e dunque considerato alla stregua di un qualsiasi estraneo, anche nei casi in cui la dichiarazione testimoniale del coniuge assumerebbe un altro peso perché proveniente da un congiunto o sarebbe addirittura non ammessa. Anche nel caso specifico, a farne le spese sarebbe la controparte del coniuge attore o convenuto in giudizio.

Possiamo dunque affermare che la trascrizione delle nozze gay, ripulita dall'aura spirituale e dogmatica e riportata alla sua effettiva natura di mero istituto di pubblicità legale, più che in favore dei coniugi, giocherebbe un ruolo essenziale a garanzia di tutti gli altri cittadini, compresa quella "famiglia tradizionale" che alcuni vorrebbero proteggere, formalmente e nella sua dimensione ideale, sostenendo il divieto alla trascrizione dei matrimoni contratti all'estero per non ben precisati motivi di ordine pubblico.

In poche parole, considerata la sua natura non nociva per i diritti e le libertà altrui, giungendo addirittura ad ampliare la sfera di libertà di ciascun cittadino vista l'estensione erga omnes della sua portata garantista, la trascrizione delle nozze gay, più che negata, dovrebbe essere imposta, per motivi di ordine pubblico e sociale, da parte di una classe dirigente laica e lungimirante.