gaymarriage

Sembrerebbe che, dopo anni di discussioni, tentativi andati a vuoto e proposte al limite dell’elemosina, il primo serio progetto di legge sulle unioni omosessuali stia per approdare in Aula dopo il necessario passaggio in Commissione. Un testo per fortuna (o purtroppo) frutto di una mediazione tra le forze che compongono il Parlamento italiano, dato che, per fortuna (o purtroppo), nessuna singola forza o coalizione possiede in questa legislatura i numeri necessari per legiferare in un modo o non legiferare per nulla in materia.

Come nella miglior tradizione italiana, nessun passo in avanti nell'ambito dei diritti civili può esser privato di uno psicodramma collettivo più o meno fondato. E' il caso della definizione che pare verrà affibbiata all'unione civile omosessuale che, stando all'ultimo emendamento approvato, sarà formalmente definita "Formazione Sociale Specifica".

Fermo restando lo svilimento semantico di un istituto che, per quanto specifico, dovrebbe andare a sancire l'unione di due persone sulla base di un vincolo affettivo, appurato che si tratta del solito compromesso con i soliti quattro clericostriscianti dalle molteplici famiglie politiche - sempre tradizionali, sia chiaro - cadauno, e che la battaglia sociale, politica e culturale per una effettiva equiparazione anche terminologica al matrimonio civile deve proseguire senza alcun cedimento, occorre realisticamente chiedersi se la non molto comprensibile indignazione per la derubricazione lessicale a "Formazione Sociale" nella sola descrizione dell’istituto che continuerà a chiamarsi “Unione Civile” sia tale da rinunciare all'introduzione nell'ordinamento giuridico italiano, e nella testa degli italiani, di un istituto che una buona volta riconosca e disciplini i rapporti di convivenza tra persone dello stesso sesso; in pratica quanto questo "vizio di forma" possa inficiare, tanto da dire "meglio niente", la sostanza di quella che è e resta comunque, al di là della definizione, una unione civile a tutti gli effetti.

Al di là della denominazione o della semplice descrizione nel preambolo della legge, infatti, l'unione civile sancita dal ddl Cirinnà, mantiene tutti gli effetti del matrimonio tranne appunto il termine stesso, la possibilità di ricorrere alla procreazione assistita e la possibilità di adottare all'esterno della coppia, mentre resta fermo e sancito il diritto di procedere alla stepchild adoption.

Dopo decenni di purismo e giustificato radicalismo delle posizioni, che però, dati alla mano, hanno portato "zero tituli" sul piano del riconoscimento formale dei diritti, sarebbe il caso che un più opportunistico pragmatismo animasse associazioni, attivisti e amici della causa LGBT. Forse converrebbe provare a passare dal pur nobile "o matrimonio o niente", che niente ha portato fino ad oggi, ad un apparentemente cedevole "approviamo queste unioni, si chiamino pure pinkopallo, prendiamoci i nostri diritti, opponiamo giuridicamente e legalmente le nostre unioni e i nostri affetti ai terzi, ai Bagnasco, ai Giovanardi e agli Adinolfi e, il giorno dopo, avendo finalmente un punto di partenza che non sia il nulla, non più solo come singoli ma come, checché ne dica la forma, nuclei famigliari, proseguiamo nella battaglia politica e culturale per colmare definitivamente quel gap che ci separa dal resto del mondo civilizzato".

Sarebbe sicuramente più significativo e più al passo con i tempi se, come accadde in Spagna per una congiuntura tanto favorevole alla causa LGBT quanto irripetibile, si potesse giungere dal nulla al matrimonio egualitario sancito in costituzione, ma siamo in Italia, le leggi si fanno in Parlamento, il Parlamento italiano è così composto perché così votano gli italiani e in Parlamento si deve trovare una mediazione tra gli interessi rappresentati dalle varie forze presenti se si vuole riuscire ad approvare una legge, altrimenti si fanno protesta e polemica facile e si dice "no" a tutto facendo sì che nulla cambi o almeno inizi a cambiare. Anche il progredito e laico Regno Unito è giunto solo da poco al matrimonio egualitario dopo decenni di unioni civili continuamente riformate. Non per forza occorre tanto purgatorio prima di giungere al paradiso, ma almeno si inizi ad abbandonare l'inferno.

Forse, dopo anni di manifestazioni che hanno visto sfilare tantissime famiglie di fatto ma non riconosciute in diritto, nel 2016, in Italia (magari a Venezia, per la gioia di un sindaco emulo di Torquemada), potrebbero per la prima volta prendere parte a un Pride tante famiglie in diritto, con i loro diritti e doveri sanciti da una legge dello Stato. Famiglie in diritto ma non nella forma per via di quel "formazione sociale"? Ecco una base di partenza - con le unioni riconosciute, incassate e messe al sicuro - dalla quale partire per raggiungere il prossimo e, si spera, definitivo step. Sempre che, sfruttando l'enorme breccia aperta da quella che sarà la legge Cirinnà, non ci pensino prima, come ormai consuetudine (vedasi caso delle stepchild adoption) giurisprudenza italiana ed europea.

In conclusione, e per onor di cronaca, occorre evidenziare come, tecnicamente parlando, anche il matrimonio costituisca una "Formazione Sociale Specifica" e come con lo stesso termine sia stata la stessa Corte Costituzionale, con la sentenza 138/2010, a invitare il legislatore a legiferare per regolare (con riferimento alle coppie omosessuali) queste "formazioni sociali"; stessa sentenza alla quale ha fatto richiamo la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo quando ha sanzionato l'Italia ancora priva di regolamentazione e riconoscimento delle unioni omosessuali.

I detrattori delle unioni civili, quelli che volevano e vogliono svuotare il ddl Cirinnà della sostanza, nel momento in cui si sono accontentati della forma per mantenere la faccia con il loro elettorato e con i loro danti causa, hanno aperto la strada a quella descrizione cruda e priva di anima che però, derivando direttamente dalla Corte Costituzionale, ha salvato l'iter del ddl, consentendogli di approdare presto in Aula. E qui occorre sapere che, una volta affossato il ddl Cirinnà, nessun altro ddl in materia di unioni potrebbe diventare legge in questa legislatura.