#JeSuisCharlie/.2 - La risata che seppellirà il fondamentalismo
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Ancora una volta, il volto repressivo del fondamentalismo imbraccia un fucile e mette nel mirino chi ha osato toccare qualcosa che, secondo alcuni, "non va toccato". Eppure, la lotta ai fondamentalismi passa proprio per la messa in discussione (e, perché no, talvolta anche il dileggio) di tutti i dogmi e le verità intoccabili.
Ieri, su RaiNews24, è stato chiesto a Philippe Ridet di Le Monde se la satira di Charlie Hebdo si fosse spinta troppo oltre.(*) La sua risposta è stata un chiaro e netto "no". E noi condividiamo: si può e si deve ridere anche di Dio, della religione, dei suoi profeti, dei suoi dogmi, delle sue regole più o meno condivisibili o assurde. Perché la satira è nata con uno scopo ben preciso: rompere i coglioni all'universo, in particolare ai potenti e a quelli che hanno uno scarso senso dell'umorismo.
Il rispetto per l'Islam e lo scontro di civiltà di Huntington c'entrano davvero poco in tutta questa vicenda, e dovrebbe ormai essere chiaro come il sole. Il commando era composto da professionisti del terrore, che avevano evidentemente pianificato l'attacco: i due francesi di origine algerina indagati, appena tornati dalla Siria, e il terzo uomo (un 18enne senza fissa dimora) sapevano che di mercoledì la redazione del Charlie Hebdo si sarebbe riunita ed erano addestrati e vestiti di tutto punto per una azione para-militare.
L'obiettivo era silenziare una voce scomoda, come solo una voce satirica che prende in giro tutto e tutti può essere: basti pensare che su uno degli ultimi numeri era previsto un inserto sulla "vera vita del piccolo Gesù", per non parlare di quando su una copertina la Bibbia, il Corano e la Torah vennero rappresentati come tre rotoli di carta igienica di diverso colore, accompagnati dal titolo "Al cesso tutte le religioni", oppure ancora del bacio alla francese fra un disegnatore della rivista e un musulmano, che vedete qui sopra, sotto la scritta "L'amore è più forte dell'odio".
Esagerata? Offensiva? Blasfema? Sia pure, è satira. Perché non esiste alcuna "satira che si è spinta un po' più in là", esistono solo la satira che fa ridere e quella che non fa ridere. E la differenza fra le due passa esclusivamente per i gusti individuali di ciascuno di noi. Invocare il "rispetto" di certi temi con la satira è inutile, essendo nata appositamente per non avere rispetto di niente, nemmeno (anzi, soprattutto) del sacro.
Questo non vuol dire che la satira, quando non fa ridere, non si possa criticare, né che si debba ridere per forza anche su cose su cui non riusciamo a non essere seri. Come detto, il discrimine passa per i nostri gusti individuali. Non può tuttavia essere messa in discussione la possibilità per il figlio più tremendo e discolo della libertà d'espressione, la satira, di fare quello per cui è nata: trascinare nella polvere i potenti, mettere in discussione i dogmi, dileggiare in maniera villana o sofisticata tutto quello che facciamo, che pensiamo, che siamo.
"Una risata li seppellirà", diceva quello, e ne siamo convinti anche noi. Il primo ministro norvegese Stoltenberg disse dopo la strage di Utøya: "We are still shocked by what has happened, but we will never give up our values. Our response is more democracy, more openness, and more humanity. But never naivety." Noi ci permettiamo di aggiungere a quel meraviglioso discorso anche "più satira, ma mai volgarità gratuita", perché ridere fa bene alla salute e dà fastidio ai fondamentalisti. Perché, citando una vecchissima vignetta di Stefano Disegni e Massimo Caviglia, "la satira è viva e farà sempre scherzi stronzi".
(*) Piccola nota polemica: a quanto pare, per alcuni la satira del Charlie Hebdo era "oltre" i limiti consentiti, ma pubblicare il video del poliziotto che viene giustiziato da un terrorista invece no. Il lettore si senta libero di trarre le dovute conclusioni.