archivio

(Public Policy - stradeonline.it) Chi l’ha detto che il ddl concorrenza riguarda solo assicurazioni, energia e servizi postali? Tra le pieghe dei 193 commi spunta infatti una norma rivoluzionaria che permette la libera riproduzione dei beni archivistici e bibliografici. Una misura che, se diventerà legge, abbatterà i costi per studiosi e ricercatori spesso obbligati a pagare (non poco) per riprodurre manoscritti o documenti d’archivio e così portare avanti le proprie ricerche.

A chiedere quest’innovazione è stato un ampio movimento di personalità del mondo della cultura e della ricerca (4500 adesioni) tra cui Umberto Eco, Fabio Beltram (Direttore Scuola Normale Superiore di Pisa), Massimo Bray (Direttore ed. Treccani), Massimo Cacciari ed Andrea Carandini (Presidente FAI). La proposta è stata poi tradotta in un emendamento presentato al Senato dal presidente della Commissione Cultura, l’iper renziano Marcucci (con un passato nel Partito Liberale Italiano) e accolto favorevolmente dal ministro Franceschini. Ne abbiamo parlato con Giuliano Volpe, archeologo e presidente del Consiglio Superiore Beni Culturali e Paesaggistici del MIBACT, tra i sostenitori dell’iniziativa.

 

Professore, manca poco per una liberalizzazione a costo zero, ma dall’impatto dirompente per la cultura e la ricerca italiana. Un’innovazione più volte richiesta dal Consiglio Superiore da lei presieduto.
La vicenda è nota, ma va ricordata. Nel 2014, grazie all’Art Bonus, noto soprattutto per la detrazione fiscale del 65% a favore dei mecenati, si è introdotta la liberalizzazione delle immagini nei musei e nei luoghi della cultura: tranne, però, nelle biblioteche e negli archivi, a causa di un improvvido emendamento. Il Consiglio da me presieduto in ben due mozioni ha chiesto con forza che la liberalizzazione fosse estesa a tutti i beni culturali. Ci sono voluti anni di tentativi, pressioni, discussioni, raccolte di firme, grazie soprattutto a un’azione dal basso di alcuni giovani e attivi ricercatori. Ora siamo ad un passo dal risultato positivo. Spero che il Parlamento lo faccia.

Come dice il movimento per le foto libere, oggi i turisti possono farsi selfie nei musei, mentre i ricercatori devono pagare le loro foto a volumi storici e manoscritti se non addirittura rivolgersi a ditte private. Qual è stato il principale ostacolo?
Ricevo decine di lettere di laureandi e dottorandi di ricerca bloccati nelle loro ricerche, giovani ricercatori costretti a pagare di tasca loro centinaia o migliaia di euro per ottenere l’uso di documenti e di immagini, impediti nell’accesso ai dati, ai materiali di vecchi scavi archeologici conservati nei magazzini da decenni (sono un archeologo e sono particolarmente sensibile al tema). È uno scandalo. Ed è anche un fatto anticostituzionale! Spesso si richiama, brandendolo come una clava anche contro le riforme in atto nel campo dei beni culturali, l’articolo 9 della Costituzione. Si dimentica, però, che quello straordinario articolo lega strettamente la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione alla promozione dello sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica. Ancora oggi questi divieti sono macigni che impediscono tanto lo sviluppo della cultura quanto la ricerca. Macigni da rimuovere anche grazie a questo ddl.

Alla Camera si è creato un fronte parlamentare ampio che chiede la chiusura rapida del provvedimento, anche con il ricorso alla fiducia. Si iscrive anche lei a questo “partito”?
Assolutamente sì! Mi auguro che il ddl concorrenza venga presto approvato, anche con il ricorso alla fiducia, che in questo caso vedrei sinceramente quanto mai opportuna. Sono anni che attendiamo questo provvedimento per procedere nello smantellamento di quella ‘concezione proprietaria del patrimonio culturale’ che rappresenta il vero ostacolo culturale verso il cambiamento e la apertura di nuove energie. Abbiamo avviato una profonda stagione di riforme, una vera e propria ‘rivoluzione culturale’: la liberalizzazione delle immagini è parte essenziale e irrinunciabile di questa rivoluzione.

Anche il mondo della cultura e della ricerca chiede la rapida approvazione del ddl concorrenza. La prossima settimana in Commissione Attività Produttive alla Camera saranno esaminati circa 400 emendamenti. Tra questi, 22 sono del Pd e uno presentato dell’onorevole Bossa (Mdp) punta proprio a modificare in senso conservativo questa liberalizzazione. Basterà il voto favorevole su un solo emendamento per affossare definitivamente il ddl concorrenza. Speriamo dunque che il ministro Franceschini ascolti fino alla fine queste richieste e si attivi nel partito di maggioranza relativa in Parlamento per non buttare il lavoro fatto in questi anni.

stradeblog

Questo articolo appare anche su #STRADEBLOG, il primo blog ospitato sul notiziario di un'agenzia di stampa, curato da Strade. Tutti i post di #STRADEBLOG diffusi da Public Policy - grazie per la fiducia e la collaborazione! - sono pubblicati, più o meno in contemporanea, su Strade.