Come è cambiato il marketing anti-OGM
Strade del Cibo
Partiamo da questa immagine presa da un supermercato COOP, praticamente perfetta per sottolineare il paradosso della crociata contro gli OGM, e soprattutto di come sia cambiata nel tempo.
Analizziamo questo cartello nelle sue parti. Innanzitutto l’immagine a sinistra: una banana con dentro una pannocchia. Un grande classico, che ha il fine di veicolare il messaggio della modificazione genetica come un atto contro natura, che porta al cosiddetto “cibo di Frankenstein”. Ovviamente una pianta del genere non è reale, ma basta cercare su internet per trovare centinaia di immagini di questo tipo, che facilitano la suggestione della loro esistenza.
“Dentro alle nostre banane preferiamo trovare delle banane”: ma qualcuno ha mai trovato qualcosa che non sia una banana dentro una banana? Nel caso avvisatemi.
Il titolo “prodotti naturali”: come sempre OGM e natura vengono messe in antitesi. Curioso pensare che sia la banana che il mais non esistano in natura così come li conosciamo, in quanto sono entrambi frutti della selezione artificiale, guidata dalla mano dell’uomo. Le banane che mangiamo sono senza semi, mentre quelle originali ne hanno, e anche tanti. Il mais originale è chiamato teosinte, e vi suggerisco di cercarlo sul web per vedere la differenza con quello che conosciamo. In ogni caso è inutile dire che per questi motivi le banane e il mais sarebbero già degli OGM, perché non lo sono in quanto lo dice la definizione legislativa, fine della discussione. In agricoltura non c’è niente di “naturale”, ma superiamo questo discorso.
“Riteniamo che l’ingegneria genetica possa rappresentare una nuova, grande opportunità per l’uomo…” Sono commosso, davvero. Non mi aspettavo una dichiarazione d’amore del genere. “…se applicata in campo medico, per la cura delle malattie…” considerando che l’insulina che usiamo deriva da un OGM e non dal pancreas degli animali ci mancherebbe altro. “…ma chiede maggiori garanzie nell’utilizzo di queste tecnologie in campo agroalimentare…” Ok, posso essere d’accordo, e infatti le varietà geneticamente modificate prima di andare sul mercato vanno incontro a una serie di controlli molto lunghi connessi alla salute umana e all’ambiente. Quindi paradossalmente possiamo considerarli più sicuri del cibo convenzionale e di quello biologico, che invece non vanno incontro a tutti questi obblighi di sicurezza. “…facendo prevalere un principio di precauzione…” ecco ma perché?
Tutto bellissimo, grande potenziale, però qualcosa tiene il freno a mano tirato. Paradossale, perché da decenni gli OGM vengono usati in tutto il mondo senza problemi, e in Italia li importiamo per i mangimi animali. E paradossale, soprattutto alla luce di quello che c’è scritto prima sullo stesso cartello: “La nostra frutta e la nostra verdura sono coltivate con i metodi dell’agricoltura integrata”. Cosa centra con quanto scritto prima? Niente, ma ovviamente la strategia è dire "ecco le biotecnologie non vanno bene, questa è la soluzione". Mai sentito parlare di agricoltura integrata? Attenzione, non si tratta di agricoltura biologica (e già questa cosa è diversa dal solito).
“Si definisce «produzione integrata» il sistema di produzione agroalimentare che utilizza tutti i mezzi produttivi e di difesa delle produzioni agricole dalle avversità, volti a ridurre al minimo l'uso delle sostanze chimiche di sintesi e a razionalizzare la fertilizzazione, nel rispetto dei principi ecologici, economici e tossicologici.” (LEGGE 3 febbraio 2011 , n. 4). Ok, va bene, però non vuol dire che durante la coltivazione c’è “zero chimica”. Infatti il cartello prosegue con “…e non subiscono alcun trattamento chimico dopo la raccolta.” Verissimo e allo stesso tempo astuto, perché sottolinea "dopo la raccolta", ma il lettore distratto può pensare che in tutta la filiera non ci sia “la chimica”. Che poi, cosa voglia dire “chimica” è sempre un mistero, considerando che già lavare le banane potremmo definirlo un trattamento chimico, volendo fare i pignoli. E volendo fare ancor più i pignoli uno degli obbeittivi degli OGM è proprio quello di ridurre l’uso della cosiddetta “chimica” (da dimostrare sempre caso per caso), ma andiamo oltre.
Questo cartello è comunque un piccolo passo avanti rispetto al passato, perché l’ammissione all’inizio del messaggio è importante, e non scontata considerato quanto sia inquinato il dibattito sugli OGM. Anche questo dimostra come il dibattito stesso sia cambiato nel tempo: anni fa cose del genere difficilmente sarebbe state affermate. Detto questo tutto il resto del cartello è strumentale al messaggio che gli OGM siano brutti e cattivi e la soluzione alternativa ha l’aureola in testa: ci sta, è il gioco della parti.
Riusciranno i consumatori a rendersi conto del paradosso insito nel cartello stesso? Gli OGM non risolveranno da soli i problemi del mondo: perché escluderli per motivi puramente ideologici? E soprattutto, perché non lasciare la libertà di scelta al consumatore, di fronte ad alternative di ugual sicurezza per la salute? E ancora: questa visione taglia le gambe alla ricerca pubblica (e sottolineo pubblica) e privata (che è altresttanto importante, ma sempre vista negativamente, chissà perché poi): ne vale la pena?
Un ringraziamento speciale ad Alberto Forni per aver fornito l’immagine. Ulteriori approfondimenti sul tema delle biotecnologie in Geneticamente modificati - Viaggio nel mondo delle biotecnologie (Hoepli, 2017)