stradedelcibo quadratoLa conferenza sul clima di Parigi ha chiuso i battenti con un obiettivo preciso: limitare a un grado e mezzo l'aumento della temperatura da qui al 2050. I negoziatori, entusiasti, hanno già rivendicato il merito di avere salvato il pianeta. Il ministro francese ha chiuso il vertice singhiozzando per la commozione. Una scenografia perfetta per un evento storico.

A prima vista un evento epico, se non fosse che l’obiettivo è tanto ambizioso quanto vacuo, visti i contrasti che tuttora esistono tra gli esperti in merito al riscaldamento globale, alle sue cause e alle realistiche possibilità di porvi rimedio. Molti tra gli stessi ambientalisti non sono rimasti completamente soddisfatti del risultato. Perché a dire il vero, quelli più marcatamente animalisti e vegetariani sono rimasti con un po' di amaro in bocca, delusi per del fatto che i negoziati di Parigi non hanno preso la decisione che a loro forse stava più a cuore: assoggettare il settore dell’allevamento ai vincoli sulle emissioni di gas serra.

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E ora si mangiano quasi le mani pensando che questa poteva essere la volta buona. Un assist come quello regalato dall’ormai famoso rapporto sulle carni rosse, presentato a fine ottobre dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, difficilmente si ripresenterà. Intendiamoci, il documento dell’OMS in realtà non conteneva niente di nuovo sulla relazione carni rosse - salute. È cosa nota da sempre che il consumo eccessivo di carne a lungo andare può essere nocivo. Cosa conosciuta da molto prima che se ne occupasse il rapporto OMS. Intere coorti di consumatori, pur sapendolo, hanno continuato a mangiare carne rossa contenti e consapevoli che di qualche cosa si deve pur morire.

Ma lo stesso documento avrebbe potuto avere un ruolo e un peso politico ben diverso, se solo l’interesse suscitato per l’argomento carni fosse sopravvissuto fino all'apertura della conferenza su clima. Invece è rimasto sotto i riflettori solo un paio di settimane. Durante le quali è riuscito a montare solo una inutile bagarre teatrale. Con gli affezionati della carne stizziti perché vogliono continuare a mangiare quello che gli pare (e giustamente, aggiungo io). I produttori di carne, preoccupati per le vendite, che sono subito corsi a rassicurare i consumatori sui processi di lavorazione delle proprie carni nazionali, assolutamente sicuri, come se il rapporto dell'ìOMS riguardasse solo le carni estere. 

E non potevano mancare i complottisti, Quelli che “è stata la lobby delle carni bianche che si prende la rivincita dopo gli anni bui dei virus aviari”. O quelli che “ci sono dietro i filo-musulmani, che puntano a eliminare la carne dalle diete dei paesi europei e occidentali decadenti prima di invaderli a colpi di ondate migratorie”. Evidentemente nessuno di loro si è reso conto che se di ipotesi di complotto si doveva parlare, quella più verosimile era semmai legata proprio all’imminente inizio dei negoziati sul clima. Alla possibilità che l’argomento “salute” avrebbe potuto dare man forte all’argomento “clima”, dando vita al messaggio secondo cui corresponsabili del riscaldamento globale sono le vacche e soprattutto noi perché ce le mangiamo. Sotto questa bandiera, finalmente i religiosi della dieta vegetariana globale si sarebbero alleati con i religiosi del riscaldamento globale, e facendo massa critica avrebbero potuto fare una bella Kyoto della bistecca.

Poi, a poco più di una settimana dal vertice, l'opinione pubblica mondiale è stata risucchiata dagli attentati terroristici. E i media hanno di fatto cestinato il rapporto OMS. Così hanno relegato nel dimenticatoio l'argomento carni rosse dando un duro colpo alle chance di animalisti e vegetariani. Quella che l'allevamento per la produzione e il consumo di carne sia responsabile di buona parte delle emissioni di gas serra è una tesi consolidata. Emissioni cresciute notevolmente insieme ai capi di bestiame, che sono quasi raddoppiati da due a quattro miliardi negli ultimi 50 anni e destinate ancora a crescere insieme al consumo di carne.

La soluzione per gli ambientalisti-animalisti sarebbe semplice: ridurre il consumo di carne. Se ne potrebbe ridurre il consumo pro capite di un terzo in Europa, ottenendo così una riduzione delle emissioni stimabile nel 20 per cento circa. E non sarebbe una ipotesi proprio campata per aria, dicono. La Cina, per esempio, starebbe pensando a un piano di riduzione del 50 per cento dei consumi pro capite di carne. E ciò, si badi bene, nonostante l'attuale consumo pro capite in Cina sia già la metà di quello standard nei paesi occidentali.

Non sono in grado di esprimermi sulla reale rilevanza di questi numeri ne sulla efficacia delle politiche climatiche. E non credo che farò in tempo a verificare chi avrà avuto ragione e chi no sul riscaldamento globale. Il 2050 è troppo lontano per me. È molto più probabile, invece, che lo stato deciderà di mettere una bella tassa sulle carni rosse. È una ipotesi che circola da parecchio già. Illustri studiosi ed esperti dell’argomento l’hanno proposta.

Me lo figuro il leviatano, che dietro le quinte si lecca i baffi mentre fa i conti sul gettito che potrebbe ricavare applicando una bella accisa sulla carne. Allo stato piace avere un pretesto per poter fare leva sulle accise al solo scopo di aumentare il gettito fiscale. E cosa c’è di meglio di un bel riequilibrio dirigistico della dieta alimentare? Non so dire quando avverrà di preciso. Ma ho la sensazione quel momento non sia troppo lontano.

Oggi lo stato fuma metà delle nostre sigarette, beve oltre un terzo della nostra birra, qualche tempo fa si era messo in testa di morsicare le merendine e bersi le bevande zuccherate dei bambini, proprio come fanno i compagni di scuola prepotenti. E ho l’impressione che adesso abbia messo gli occhi anche sulla carne. Prima o poi, vedrete, si prenderà anche un pezzo della nostra bistecca.