Dalla divulgazione alla propaganda. Il Barbero ‘politico’ scredita il Barbero storico
Scienza e razionalità

Alessandro Barbero è un bravo storico e un divulgatore di eccezionale talento. Chi scrive ha visto praticamente tutte le sue conferenze disponibili sul web sui temi storici più disparati: da Costantino il Grande alla disfatta di Caporetto, dalla battaglia di Lepanto alle vicende di Napoleone, passando per Carlo Magno, le rivolte contadine del medioevo, il Risorgimento italiano e la guerra delle Falkland.
Tuttavia con la stessa sincerità con cui gli riconosco un inarrivabile talento divulgativo non posso tacere su una certa faziosità, parzialità e prevenzione quando parla di attualità e politica. Nulla di grave, si dirà, perché ognuno ha diritto alla sue opinioni. Ma quello che mi preme sottolineare è il triste spettacolo dello studioso, che sfrutta la credibilità scientifica per esprimere le sue convinzioni politiche, fingendo di parlare da "scienziato".
In un collegamento video con la piazza pacifista del 5 aprile Barbero ha detto di vedere molte similitudini tra la situazione attuale e il clima antecedente la Prima Guerra Mondiale. Non ho dubbi che lo storico piemontese possa restituirci con competenza il clima di quegli anni (quindi non critico lo storico), ma è nel fare questa scelta che il Barbero storico abdica e diventa strumento del fazioso Barbero “politico”. E lo fa fingendo di dare un imparziale contributo da addetto ai lavori.
Se si potesse organizzare un giurì d’onore dei più esimi storici sul pianeta, credo che molti sarebbero d’accordo con me nel sostenere che riferirsi al clima che ha preceduto la Seconda Guerra Mondiale sarebbe stata una scelta molto più felice. Questo pur rimanendo imparagonabili i due contesti e pur essendo remota l’ipotesi di una Terza Guerra Mondiale, non fosse altro che per i sistemi di deterrenza nucleare e/o l’incomparabile sproporzione economica tra le potenze militari.
Infatti, abbiamo oggi come allora stati democratici in cui tanto i leader, quanto i cittadini non vogliono assolutamente, come non volevano, affrontare escalation militari. O qualcuno crede davvero che la Francia, il Regno Unito, la Germania o la Finlandia (e i loro cittadini) non vedano l’ora di provocare o attaccare la Russia? Non scherziamo per favore, cerchiamo di conservare un minimo di lucidità e di buon senso.
Ora come allora abbiamo uno stato di cui è evidente il tentativo di controllare direttamente e/o annettersi (anche con la guerra) altri territori. Tentativi portati avanti da un autocrate e da un gruppo dirigente che sono imbottiti del peggior nazionalismo revanscista e che hanno soffocato la democrazia e la libertà di espressione nel loro paese. Quel che era la Germania allora è la Russia adesso, mentre le vittime erano l’Austria, i Sudeti, l’intera Cecoslovacchia e la Polonia ieri e la Cecenia (che comunque fa parte della Federazione Russa), la Georgia, la Trasnistria, la Crimea e poi l’intera Ucraina oggi (e probabilmente le repubbliche baltiche domani).
Il nazionalismo revanscista, ora come allora, è motivato da un episodio storico che ha fatto perdere all'aggressore territori e zone di influenza. Un episodio che viene percepito come ingiusto e a cui si deve porre rimedio con la forza per recuperare l’antica grandezza. Ci riferiamo al Trattato di Versailles del 1919 per Hitler e al crollo del muro di Berlino nel 1989, con la conseguente disgregazione dell’URSS, per Putin.
Ci sarebbero inoltre tantissime altre differenze che rendono superficiale e infelice il paragone di Barbero, non ultimo il fatto che veniamo da decenni di spese militari decrescenti, mentre prima del 1914 ci fu effettivamente un lungo periodo di aumento delle spese militari, a testimonianza ulteriore della radicata volontà attuale di non ricorrere alle armi, se non in ottica strettamente difensiva o con funzione di deterrenza.
