Il commercio nei centri storici. Tutela o soffocamento?
Istituzioni ed economia

Si racconta che, a Parigi, quando nel 1831 si discuteva di regolamentare i caffè, un anonimo spettatore abbia esclamato: "Eppure, la rivoluzione è cominciata proprio in un caffè!". Il legislatore italiano del 2025, pur non avendo velleità rivoluzionarie, sembra comunque deciso a riorganizzare il commercio nei centri storici con mano ferma. Peccato che il risultato somigli più a un ritorno alle corporazioni medievali che a un disegno moderno e liberale.
La Commissione attività produttive della Camera dei deputati sta esaminando una proposta di legge, a prima firma del deputato Molinari, che prevede un sistema di autorizzazioni per qualsiasi attività commerciale nei centri storici: insediamento, apertura, ampliamento, mutamento di settore merceologico, trasferimento di sede e persino subingresso.
Sembra quasi che si voglia scoraggiare l'iniziativa economica, anziché sostenerla, con un effetto che sa di "dirigismo d'antan" più che di pragmatismo contemporaneo.
Certo, la tutela del patrimonio storico e culturale, che la proposta di legge indica tra le finalità dell’iniziativa, è sacrosanta, ma qui il bilanciamento con la libertà d'impresa sembra più un gioco a somma zero che una ponderata mediazione. Si dirà che l'interesse generale giustifica i vincoli. Tuttavia, se ogni città storica si trasforma in un museo a cielo aperto, regolato da rigidi protocolli, si rischia di imbalsamare la vitalità economica insieme ai monumenti.
Non solo obblighi, ma anche bastone. La proposta prevede sanzioni fino a 10.000 euro e la chiusura immediata degli esercizi privi di autorizzazione. Un approccio draconiano, che trasforma il commerciante in un soggetto da sorvegliare, piuttosto che in un operatore da incentivare. Il tutto in palese contrasto con un'impostazione liberale che punterebbe sulla semplificazione, anziché su un apparato repressivo.
La legge sembra nata con un unico obiettivo: regolare, controllare e limitare. Non c'è traccia di misure di liberalizzazione, di agevolazioni per le nuove imprese, di incentivi alla concorrenza. Tutto è vincolato a un principio di tutela che, alla lunga, potrebbe soffocare proprio quelle attività che si vorrebbero proteggere.
Altrove, in Europa, si sperimentano modelli più dinamici, capaci di coniugare rispetto per la storia e vitalità commerciale.
Proteggere i centri storici, come già detto sopra, è un obiettivo condivisibile, ma se la tutela diventa soffocamento, il rischio è di ritrovarsi con centri storici splendidamente conservati, ma desolatamente vuoti. E, forse, anche le rivoluzioni finiranno per nascere altrove.
