sciopero del fumo grande

Nel gennaio 1848, Milano era un crocevia di tensioni. la capitale del Regno Lombardo-Veneto, sotto il controllo austriaco, viveva una stagione di malcontento crescente.

Fu allora che i milanesi, in un lampo di geniale resistenza passiva, decisero di colpire le finanze imperiali astenendosi dal fumo e dal gioco del lotto, due colonne portanti delle entrate erariali asburgiche.

L’idea, apparentemente innocua, assunse subito un carattere di sfida: i soldati austriaci, sigaro in bocca, percorrevano le strade provocando i cittadini e costringendoli a fumare. Il gesto, carico di arroganza, degenerò in violenze, arresti e repressioni. Le strade di Milano divennero teatro di scontri, con morti e feriti che segnarono un crescendo nella tensione tra oppressori e oppressi. Non fumare divenne un atto politico, un segno di identità e resistenza.

Saltiamo ora al 1° gennaio 2025. Milano, città sempre all’avanguardia nelle battaglie per la sostenibilità, estende il divieto di fumo a tutte le aree pubbliche all'aperto, eccetto quelle isolate. L’obiettivo è tutelare la salute dei cittadini e combattere l’inquinamento da PM10. Ma tra le pieghe di questo regolamento, si nasconde una domanda: quanto è davvero efficace un simile provvedimento?

L’obbligo di non fumare all'aperto richiama alla mente l’arbitrio dei soldati austriaci che nel 1848 costringevano i milanesi a fumare per umiliarli. Oggi, il divieto ha connotati opposti, ma tradisce lo stesso spirito autoritario che, pur mascherato da tutela della salute, sembra non tener conto delle reali necessità e delle contraddizioni di chi abita la città.

E non è finita qui: con un tocco di ironia, possiamo aggiungere che questo divieto potrebbe contribuire ad aumentare il nervosismo dei milanesi, già in "alta tensione" a causa dell'alto costo della vita e della pressione costante che genera il capoluogo meneghino.
Una città, insomma, dove spegnere una sigaretta potrebbe voler dire accendere qualche malumore in più.