'Macron ha bisogno di noi'. L’orgoglio dei gollisti, colloquio con Jonas Haddad
Istituzioni ed economia
Jonas Haddad, 36 anni, avvocato, capogruppo LR (les Républicains il partito di ispirazione gollista che ha raccolto l’eredità dell’UMP) nel consiglio regionale della Normandia e membro della segreteria nazionale spiega in questa intervista la linea dei repubblicani nel prossimo futuro.
Cosa ne pensi del recente rimpasto governativo?
Si tratta della «commedia dell’arte». Diversi mesi di falsa suspense per dar vita ad un esecutivo che non cambia più di tanto. Il simbolo é il ministero della pubblica istruzione, che pertanto é fondamentale. Si comincia con la sostituzione di Gabriel Attal (diventato primo ministro), che aveva delle posizioni chiare sulla laicità (si deve a lui il divieto dell’abaya, il velo integrale islamico, nelle scuole), con Amelie-Oudea Castera sostituita a sua volta, a rimpasto ancora in corso, da Nicole Belloubet! Belloubet é conosciuta per le sue posizioni di sinistra in particolare quando ricoprì l’incarico di ministra della giustizia nel gabinetto di Edouard Philippe.
La presenza di Rachida Dati nel governo rappresenta l’ultimo chiodo sulla tomba di LR, come sostengono i maligni, o al contrario c’é una strategia per federare la destra repubblicana e la macronie per creare uno sbarramento all’estrema destra e all’estrema sinistra e dare al Presidente della Repubblica una maggioranza stabile all’Assemblea Nazionale?
Si diceva la stessa cosa cinque anni fa e ciò che é certo é che Emmanuel Macron ha bisogno di LR all’Assemblea nazionale. Contrariamente ai socialisti che hanno dovuto sottoscrivere un accordo contro-natura con l’estrema sinistra, i repubblicani mantengono saldi i loro principi.
La destra repubblicana può riprendersi dopo la cocente sconfitta alla presidenziale del 2022 che l’ha vista precipitare al 5% dei consensi con Valerie Pecresse?
Certamente! La destra repubblicana é oggi il terzo gruppo politico all’Assemblea Nazionale nonostante il pessimo risultato all'elezione presidenziale e in alcune grandi regioni. Penso che le elezioni europee saranno un banco di prova importante per mostrare la nostra tenuta. François-Xavier Bellamy, che sarà il nostro capolista, ha lavorato sui principali dossier al parlamento europeo ed ha tutte le capacità per rendere credibili e forti le nostre proposte. La destra repubblicana francese é quella che ha permesso di frenare sui progetti anti-agricoltori e anti-nucleare che si insinuano nella politica europea spesso per l’influenza di «altermondialisti» irresponsabili.
In solamente vent’anni, dal 1995 al 2015, la Francia ha perso la metà delle sue fabbriche e un terzo della sua manodopera industriale. Perché non ci sono più dei grandi progetti per rilanciare gli investimenti statali?
Purtroppo l’incidenza dell’industria nel nostro PIL é scesa al di sotto del 10% Siamo scesi al livello della Grecia!
Perché? Innanzi tutto per il diffondersi di questa idea folle che consiste nel chiudere le fabbriche per delocalizzare. La cosiddetta economia fabless. Risultato: siamo diventati dipendenti da altri! Tuttavia la crisi del Covid e dei «Gilet Jaunes» hanno rappresentato pericolosi campanelli d’allarme a fronte dei quali il Governo ha abolito diverse imposte sulla produzione che ci penalizzavano, ma anche le regioni hanno fatto la loro parte per rilanciare il comparto industriale. Nella mia regione, la Normandia, ad esempio, gli investimenti sono cresciuti e l’industria rappresenta il 20% dell’economia regionale. Per rilanciare la Francia bisogna ricominciare a produrre.
Veniamo all’immigrazione. Cosa ne pensi del progetto di legge recentemente approvato anche grazie ai voti del Rassemblement National di Marine Le Pen? Più in generale qual é il tuo parere sulla situazione attuale dell’Africa? Non hai la sensazione che Sarkozy avesse ragione quando soteneva che la realtà dell’Africa é una demografia troppo forte per una crescita economica troppo debole?
Si tratta dell’ennesima commedia. Il Presidente ed il Governo hanno forzato la mano per far votare il provvedimento. Noi repubblicani abbiamo apportato delle migliorie a quel testo e il Governo, sotto banco, fa pressioni sul Consiglio Costituzionale affinché tutto ciò che abbiamo fatto aggiungere venga annullato. La mia opinione sull’immigrazione é semplice: abbiamo triplicato il numero delle persone accolte in un anno, oggi siamo a 500 mila immigrati legali per anno, senza contare i clandestini. In qualunque paese del mondo quando il numero degli immigrati esplode si creano tensioni: sul mercato abitativo, sul mercato del lavoro e sui servizi pubblici. Il nostro sistema sociale é molto generoso (tra i migliori al mondo) e se vogliamo conservarlo dobbiamo controllare il fenomeno migratorio. Il Presidente Sarkozy parlava a giusto titolo della demografia in Africa che é una realtà incontestabile. Ci sono tuttavia diverse realtà in Africa. Alcuni paesi registrano una crescita economica molto forte e infatti i flussi migratori non provengono da quelle aree. Noi ci siamo trovati ad accogliere immigrati, scarsamente formati, che hanno ben poche possibilità di inserirsi nel mercato del lavoro, che é già di suo, abbastanza rigido.
Franz-Ollivier Giesbert nel suo ultimo volume sulla V Repubblica, «Tragedia francese» ha scritto di avere, nell’ordine, disprezzato, odiato, amato, odiato di nuovo e finito per amare Sarkozy per davvero quando, dopo aver lasciato il potere, ha fatto l’oggetto d’un accanimento giudiziario insensato. Perché tanto odio contro Sarkozy? Come non ripensare a Mitterrand quando diceva: «Diffidate dei giudici. Hanno ucciso la monarchia, finiranno per uccidere anche la Repubblica» …
Penso che il Presidente Sarkozy abbia voluto risvegliare un paese stanco, in piena regressione dove regnava l’immobilismo. Ci ha messo tanta energia, forse un po’ troppa. Ma era necessario! Quando tu cerchi di risvegliare una società in cui prevale l’apatia e cerchi di ritrovare un’ambizione per la Francia, scontenti molti e gli scontri diventano inevitabili.
Henri Guaino (la «plume» di Sarkozy a cui si devono i suoi più bei discorsi) ha scritto che «de Gaulle non é l’elenco di un nuovo catalogo di promesse che non saranno mantenute, ma il nome che molti francesi oggi danno alle virtù che, nel loro immaginario, differenziano l’uomo di Stato dal politicante, in un’epoca in cui pullulano i politicanti e in cui gli uomini di Stato sono sempre più rari ». Esiste ancora un’idea gollista in France? I repubblicani sono ancora gli eredi di questa tradizione?
Certamente! Questo legame unico tra ordine e progresso, indipendenza e apertura sul mondo appartiene al lascito gollista di cui noi siamo fieramente gli eredi. Trovo incredibile che oggi la sinistra riscopra de Gaulle dopo che lo aveva dipinto come un fascista per non parlare di Mitterrand che accusò il Generale di perpetrare un «colpo di Stato permanente».
Nicolas Baverez ha osservato che in Francia la politica coltiva l’arte di rendere impossibile ciò che é indispensabile. Nel 1995 Chirac fu obbligato a far ritirare al suo Primo Ministro Juppé il progetto di riforma dei regimi speciali sulle pensioni (i privilegi dei ferrovieri) e da allora ogni tentativo di riformare il sistema previdenziale deve fare i conti con scioperi e manifestazioni. La Francia é un paese ingovernabile, dove non si può riformare nulla?
Penso che bisogna scegliere tra due modi di essere «impopolari». I francesi sono molto esigenti con i loro governanti. Ora o tu sei impopolare per dei buoni motivi perché vuoi risollevare il paese, perché hai il coraggio di riformare ciò che va riformato, oppure sei impopolare per delle cattive ragioni perché rompi l’equilibrio della società, e lasci crescere l’insicurezza e la povertà. La legge sulle 35 ore, ad esempio, fu un grosso errore : ha danneggiato le classi popolari che avrebbero preferito avere più potere d’acquisto. Christophe Guilly nel suo recente libro «les Dépossédés» (i diseredati) descrive bene come le classi popolari percepiscano una forma di disprezzo crescente da parte delle classi più agiate. Si tratta della famosa frattura sociale che noi gollisti abbiamo denunciato in passato con Chaban-Delmas, Chirac e pure con Sarkozy che oggi torna prepotentemente d’attualità e che spinge i ceti meno abbienti ad astenersi o a trovare rifugio nell’estrema destra.
Veniamo ad un grande tema d’attualità ; la laicità. Elisabeth Badinter denuncia il clima di odio verso Israele e l’amalgama inquietante tra estremismo islamico ed estrema sinistra. Cosa ne pensi?
L’estrema sinistra ha definito i terroristi di Hamas dei «resistenti», ha organizzato incontri con questi terroristi ed ha manifestato al loro fianco scandendo lo slogan «Free Palestine from the river to the sea». A partire da ciò cosa li distingue dagli estremisti islamici? Nulla salvo magari il passaggio all’atto.
In conclusione : perché la patria dei diritti dell’uomo ha dovuto attendere il 1981 per abolire la pena di morte? Ti chiedo anche un ricordo di Robert Badinter, la cui recente scomparsa, ha suscitato grande emozione nel mondo.
Non potrei dirlo meglio di Badinter stesso ricordando un passaggio del suo celebre discorso all’Assemblea Nazionale quando si discusse e approvò l’abolizione della pena di morte, il 17 settembre 1981: «La Francia é grande perché fu la prima in Europa ad abolire la tortura. La Francia fu tra i primi paesi al mondo ad abolire la schiavitù, crimine che disonora ancora oggi l’umanità. Purtroppo si scopre anche che la Francia sarà stata, nonostante tanti sforzi coraggiosi, uno degli ultimi paesi, quasi l’ultimo - e abbasso la voce per dirlo- nell’Europa occidentale, di cui é stata così spesso la guida spirituale, ad abolire la pena di morte. Sono convinto che se il governo di Liberazione non pose il problema dell’abolizione fu a causa dei crimini di guerra, delle prove terribili subite con l’occupazione tedesca. Le sensibilità non erano preparate. Doveva ritornare non solo la pace delle armi ma anche quella dei cuori. Questa analisi vale anche per i tempi della decolonizzazione. Soltanto dopo queste prove storiche la grande questione dell’abolizione ha potuto essere sottoposta al giudizio di questa Assemblea». Tutto é detto in questa citazione. Badinter fu un avvocato, un uomo politico di vere convinzioni e grandi ideali.