lamorgese grande

Il Ministro dell’interno ha oggi spiegato alla Camera come l’agente infiltrato tra i No pass nella manifestazione domenica 9 ottobre, che, ripreso dalle telecamere, stava con altri manifestanti tentando di ribaltare un blindato della Polizia, fosse in realtà un agente "mediatore", impegnato a verificare la “forza ondulatoria” del mezzo e a scongiurarne il possibile rovesciamento.

Le parole del Ministro hanno suscitato la reazione sdegnata di FdI e l’ilarità del web e forse meritano riflessioni meno risentite e sarcastiche, ma non meno preoccupate e attonite per l’enormità e insieme la gratuità di una menzogna tanto clamorosa, quanto inutile, a coronamento di dieci giorni di informative altrettanto burocratiche e grottesche.

Un Ministro dell’interno “normale”, con una sensibilità istituzionale meno prefettizia e più politica verso un dibattito parlamentare su una materia così delicata, avrebbe dovuto, da subito, ammettere quel che c’era da ammettere, evitando di attestare la “normalità” di quanto era successo.

Non è stato normale, ma letteralmente pazzesco, che l’annuncio dell’assalto alla sede della CGIL sia stato fatto dal palco di una manifestazione e sia stato realizzato oltre un’ora dopo, senza che le autorità di pubblica sicurezza si siano accorte né dell’annuncio, né della spedizione squadristica, oppure senza che si siano preoccupate di impedirla. Proprio per evitare l’accusa, prevedibile e razionale, che quel che non era stato impedito era stato volontariamente consentito ai piani alti del Viminale, Lamorgese avrebbe dovuto ammettere l’enormità di quanto era successo e assumere l’impegno di risalire alle responsabilità dei fatti.

Allo stesso modo, di fronte al caso di un agente che prima tenta di ribaltare un blindato e poi picchia selvaggiamente un manifestante, anzichè smentire come "inquietante retroscena" la presenza di agenti infiltrati, avrebbe dovuto ammettere quel che è un segreto di Pulcinella, e cioè che gli infiltrati in organizzazioni pericolose per l’ordine pubblico sono una prassi comune, come tutti sanno, e che accade che partecipino pericolosamente di quello stesso disordine che dovrebbero provare ad arginare. Smentire tutto in modo così patetico ha significato paradossalmente confermare la tesi che la presenza di un agente infiltrato sarebbe un "inquietante retroscena", cioè la prova dell’esistenza di una strategia della tensione orchestrata dalle massime cariche dello Stato.

Negare i fatti o rovesciarli nel loro contrario, dopo averli svuotati di ogni attendibilità, è insomma il modo migliore per suscitare dubbi e interrogativi cospiratori e per confermare che, tra cose fatte male e altre dette peggio, una forza ondulatoria contro lo stato di diritto sta minacciando lo stesso Viminale.

@carmelopalma