Laburisti e Libdem. Le due sconfitte diverse nel Regno Unito della Brexit
Istituzioni ed economia
Come è noto, alle ultime elezioni politiche in UK, i laburisti e i liberali hanno perso ma sono due sconfitte diverse.
La sconfitta dei liberali, infatti, rappresenta la sconfitta culturale della Società Aperta nel tempo del populismo e del sovranismo trionfante.
Contro la mediazione della rappresentanza che affronta, nel dialogo parlamentare, temi e questioni complesse, contro la libera circolazione delle persone e delle merci percepita come impoverente e nemica dell’identità della Piccola Patria (in questo caso del Piccolo Regno), contro i valori e i diritti universali di una comunità occidentale ampia, fondata sull’ethos e non sull’ethnos, il Partito Conservatore inglese (mutato geneticamente nel senso di Trump lungo l’asse del protezionismo e delle “chiusure” vagheggiate per la realizzazione di una fantomatica Società Perfetta) vince, per ora, sul liberalismo, spinto da un corso storico che sembra inarrestabile e che, invece, lascia dietro di sé milioni di elettori non convinti e rischia, una volta realizzata l’uscita dalla UE, di spezzare lo stesso Regno Unito, vittima del nazionalismo “interno” degli scozzesi e degli irlandesi del nord.
In tal senso, quindi, lo scontro tra democrazia liberale e sovranismo illiberale è tutt’altro che definito dalla vittoria della Brexit e il trionfo elettorale di Johnson metterà davvero finalmente alla prova di Governo le ricette di questo neo conservatorismo sempre più lontano dalla dottrina della Lady di Ferro. L’azione dei liberali e dei democratici, quindi, dopo la sconfitta, al di là dei confini propri del piccolo partito Liberal Democrats, non potrà che raccogliere le forze e ripartire culturalmente e programmaticamente, riaffermando un ruolo epocale di resistenza. Le contraddizioni nel campo dei sovranisti inizieranno ad affiorare e gli ideali della Società Aperta rappresenteranno un'alternativa anche a queste contraddizioni.
Diverso, invece, è il senso della sconfitta del Vecchio Labour di Corbyn. Il senso di una sconfitta che non potrà richiamarsi a un secondo tempo e a una “guerra” ancora in corso, ma che sancisce, invece, l’apocalissi del populismo di sinistra. Corbyn ha mostrato “timidezze” nell’incarnare le politiche pro remain, senza smentire l'impressione di essere rimasto per la Brexit; ha contrapposto al sovranismo politico il sovranismo sociale e promosso un anacronistico statalismo anti capitalista (in Inghilterra!); di fronte a tutto questo il popolo della Brexit e dell’orgoglio nazionalista anti UE e tanta parte della working class che non si è fatta abbagliare dal libro dei sogni dei socialisti hanno preferito, come è ovvio, l’originale alla copia.
Questa sconfitta, quindi, non ha nulla di nobile e non può costituire un punto di partenza per il futuro, ma può solo attestare il fallimento di una impostazione ortodossa del socialismo inglese, tutto tassa e spendi, che è apparsa non credibile e fuori dalla realtà senza riuscire minimamente a contendere il successo dei conservatori, ingenerato da una narrazione semplicistica e manichea.
Su questo piano, infatti, i Conservatori hanno dimostrato di essere convincenti e di saper intercettare meglio dei socialisti le paure e i riflessi di chiusura delle periferie inglesi. Per sconfiggere, come alternativa credibile, questa deriva, infatti, non basta tradurla a sinistra ma occorre, invece, il coraggio di rappresentare, nelle idee e nelle proposte concrete di riforma, l’opzione liberale e democratica, riformatrice e progressista. Un’opzione chiara che contrasti l’agenda dei conservatori per riproporre le ragioni storiche e le prospettive future dei valori di libertà occidentale e universale, contro mito dell’autarchia e dell’autosufficienza.
Solo il socialismo liberale, solo l’unione delle forze democratiche, infatti, solo un popolarismo non populista, interclassista ed aperto alle ragioni dell’impresa e del lavoro, fondato sullo stato di diritto contro la ragion di Stato, potrà ergersi – anche in Inghilterra – come speranza d’azione politica per scardinare, nel tempo, la forza riduzionistica degli argomenti facili quanto falsi delle destre sovraniste.