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Dopo tre competizioni politiche regolate dalla legge 270/2005 (la c.d. legge “Calderoli”), le prossime elezioni nazionali saranno caratterizzate da un nuovo sistema elettorale, misto, in gran parte proporzionale, che innova anche il sistema della pluricandidatura.L’intervento legislativo di riforma, concretizzatosi con la legge 165/2017, è un derivato “necessario” di due sentenze della Corte Costituzionale che in anni diversi hanno dichiarato incostituzionali parti di due leggi elettorali differenti.

Con la seconda, la n. 35, adottata il 25 gennaio 2017, la Corte ha dichiarato incostituzionali le disposizioni della legge n. 52 del 2015 (c.d. Italicum, riguardante la sola Camera) che prevedono un turno di ballottaggio tra le due liste più votate a livello nazionale e che consentono "al capolista eletto in più collegi di scegliere a sua discrezione il proprio collegio d'elezione". “L’opzione arbitraria” sostiene infatti la Corte “affida irragionevolmente alla decisione del capolista il destino del voto di preferenza espresso dall’elettore nel collegio prescelto, determinando una distorsione del suo esito in uscita, in violazione non solo del principio dell’uguaglianza ma anche della personalità del voto, tutelati dagli artt. 3 e 48, secondo comma, Cost”.

Da quest’illegittimità costituzionale deriva l’aspetto più paradossale della congerie meccanica residuata dopo le sentenze della Consulta e destinata a trasformare i voti in seggi dal gennaio 2016 in assenza di un intervento del Parlamento: il sorteggio per i capilista plurieletti. La nuova legge approvata dal Parlamento riforma e risolve ogni problema con una nuova previsione in termini di pluricandidatura. Se nell’Italicum nessuno poteva essere candidato in più collegi, neppure di altra circoscrizione, salvo i capilista nel limite di 10 collegi, la legge Rosato propone ora nuove e più semplici soluzioni:

1) Nessun candidato può essere incluso in liste con lo stesso contrassegno in più di 5 collegi plurinominali.

2) Nessuno può essere candidato in più di un collegio uninominale.

3) Il candidato in un collegio uninominale può essere candidato, con il medesimo contrassegno, in collegi plurinominali, fino ad un massimo di cinque.

La legge chiarisce poi le eventuali precedenze in caso di plurielezione e di fatto annulla il potere di opzione del plurieletto, dal momento che

1) L’eletto in un collegio uninominale e in uno o più collegi plurinominali si intende eletto nel collegio uninominale;

2) L’eletto in più collegi plurinominali è proclamato nel collegio nel quale la lista cui appartiene ha ottenuto la minore cifra elettorale percentuale di collegio plurinominale. È questa la soluzione che risponde ai rilievi della Consulta.

Una scelta di chiarezza per uno strumento che continua ad essere un vantaggio più per i partiti che per gli elettori, ma che ora, grazie ai nomi presenti sulla scheda, si apre a un controllo più elevato da parte dei cittadini.