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La Turchia del giorno dopo si divide in contenti, indifferenti, rassegnati e arrabbiati. Dove però questi ultimi, almeno per il momento, sono una minoranza.

Le polemiche sui brogli andranno avanti ancora per lungo tempo, anche per la decisione, storica, del partito repubblicano del popolo (Chp) di non riconoscere il risultato elettorale, ma la prima impressione è che, nonostante l'importanza della posta in gioco, il popolo turco fosse stanco. La campagna elettorale è stata la più corta, ma anche la più cattiva di sempre. Di certo, quella dove i media erano più spudoratamente e nella quasi totalità favorevoli al presidente Erdogan.

In queste condizioni, che il presidente abbia vinto con il 51,41% suona ancora di più come un risultato risicato. Lui stesso presidente ha dichiarato 'non importa fare un goal oppure cinque, l'importante è vincere', ma se è così tranquillo è perché sa che una parte del suo Paese è sostanzialmente indifferente a quello che è successo. A parte la componente più radicalizzata, che però non è minoritaria, fra quelli che gli hanno accordato da preferenza c'è ancora chi lo ritiene l'unica soluzione e poi ci sono anche quelli che, per paura o scarso interesse, fanno finta che vada tutto comunque bene.

Una parte del popolo turco, votando sì, sembra quasi che abbia accettato quello che di fatto è un regime autoritario pur di avere una parvenza di normalità. Il perché forse è addirittura un problema secondario e sicuramente il passato fatto di colpi di stato militari e violenza ha aiutato il radicarsi di questo genere di attitudine. Sta di fatto che, dal 15 luglio dell'anno scorso, da quando c'è stato il fallito golpe imputato ai giornalisti, seguito dalle maxi purghe di Erdogan, a Istanbul come in altre parti del Paese c'è un'aria di fittizia normalità che invece cela contrasti profondi, che potrebbero scoppiare all'improvviso.

Un male per la Turchia in primo luogo, ma anche per l'Europa, che non ha saputo individuare la minaccia rappresentata da Recep Tayyip Erdogan, anche quando era diventata ben segnalata. Per quanto riguarda la Turchia, si direbbe che è passata dalla padella alla brace, da una democrazia ampiamente imperfetta a a un regime autoritario con una connotazione religiosa sempre più forte. L'Europa, in nome di interessi economici, pur di mettere da parte il vecchio kemalismo tutelato dai militari è riuscita a digerire un leader come Erdogan anche quando era diventato chiaro che fosse fuori controllo, nella convinzione che, in caso di problemi, sarebbe bastato minaccire di lasciare la Turchia fuori dall'Europa.

Non avevano fatto i conti con il personaggio e con lo stravolgimento della regione mediterranea. Il risultato è che il presidente turco ha usato Bruxelles per liberarsi dell'establishment laico e mettere in atto quella che era la sua vera agenda. Adesso in Europa ci è entrato a modo suo: con un'influenza crescente sulle comunità musulmana all'estero.