Parisi e libertà: lo spazio di un centrodestra delle idee
Istituzioni ed economia
L’obiettivo di Parisi è dare un’alternativa sistemica a Renzi. L’ambizione è riuscirci con un centrodestra costruito su idee e portatori di idee più che su leader e portatori di borsa del leader. Quindi è alle idee e ai rispettivi portatori che l’attenzione deve andare, per il momento.
Parisi si è circondato di gente che ritiene il pensare pre-requisito fondativo del poter fare. Questo dato rileva più della geografia delle presenze, delle assenze, della lista delle omissioni. Rileva non il “chi c’è” ma il fatto che c’è. Lo spazio del centrodestra post-berlusconiano, Parisi lo vuole definito non sui valori ma sulla generazione di libertà. Missione ambiziosa, veniamo alle modalità.
Pochi nani, pochi replicanti al Megawatt, la Leopolda milanese dell’ad della prossima Forza Italia, e giovanilismo zero, sebbene a parlare siano per lo più giovani che fanno cose da adulti senza chiedere agli adulti il permesso di farle, né rivendicare l’anagrafe come plus. C’è praticamente tutto il Bruno Leoni in pensiero, opere e orazioni - allo stato-ladro vs privato-bello, al federalismo, alla maledizione della spesa elettorale, e via così. C’è il sì e il no al referendum di Renzi, e il no meglista - “ottimista” lo definisce Parisi - prevale.
C’è l’anti-retorica della suora che fa una orazione civile allo Stato di Diritto - non ai valori - e chiude con un “la scuola non è un ammortizzatore sociale per i docenti” con cui merita l’ascesa nella classifica dei candidati alla santità. Ci sono la blogger pasdaran della questione statale e il privato sociale ciellino con le sue persone, i suoi interessi e i paradigmi che non cambiano mai; c’è un piano economico già pronto, raccontato da Nicola Rossi e Veronica De Romanis, che oltre a shoccare la spesa dello stato ne vuole riconvertire anche le finalità. C’è la giustizia giusta, la modernizzazione normativa, la necessità digitale - insomma le ovvietà - e c’è anche il non-scontro di civiltà tra religione e laicità, tra religioni nella laicità.
Quindi c’è posto per Massimo Gandolfini, il neuro-chirurgo liberticida promotore del Family Day, oltre che della crociata contro il deviazionismo omo nella sfera sessuale. Uno dice: basta questo. E invece no, perché due interventi più in là c’è il laicissimo filosofo della scienza Gilberto Corbellini, che nel mondo radicale è praticamente una star. Il pio intollerante e il laico accogliente motivano rispettivamente la distruzione e la generazione, non solo di energie ma soprattutto di libertà. Parisi li ha portati lì insieme non per sommarli, ma per costringerli a giocarsela da sé in uno spazio che non può essere neutro, se è fare l’uomo più libero il principio ontologico che lo definisce. Il metodo corretto, l’unico possibile: il metodo liberale.
Peccato solo che Parisi il metodo liberale lo applichi selettivamente, e che a Milano non senta l’imperativo di condannare il totalitarismo etico della Regione Lombardia che istituisce un call center anti-gender, una vergogna che nemmeno in Iran. E un cenno appena alla legalizzazione della cannabis, un cenno liquidatorio nel corso di un attacco ironico al Cantone delibera-tutto. Su Cantone ha ragione, sul rifiuto a discutere razionalmente, come libertà di pensiero impone, i danni del proibizionismo invece no, ha torto.
Un paio di cose almeno sembrano mancare alla riunione milanese di Parisi: una è che è stata rappresentata Milano (il suo spirito) ma non l’Italia; l’altra è la scarsa attenzione a cosa non funziona di quello che pure si ritiene essere la soluzione. Il fattore economico, ad esempio.
Autoconsolatorio recitare il Credo al privato contro lo stato, ma poco liberale omettere quello che invece non va nel privato, anche nella sua versione “sociale”. Sarebbe invece importante ragionarci su, perché è proprio questa cosa che della retorica “privato è bello” regge meno all’evidenza empirica, specie se la misura viene presa dalla parte bassa della filiera produttiva, la parte che è appunto maggiormente in deficit di libertà.
E’ la libertà da che consente la libertà di. Quando non è così, la libertà di (per esempio votare una setta di spergiuri scritturata da un comico) finisce per imporre democraticamente anche la libertà da, dunque il comunismo anche se con un altro nome. Però è un fatto che il lavoro non è più il miglior argine alla povertà; è un fatto che si può essere occupati e poveri; o non più occupati e senza più mercato, magari per questioni di età, di eccessiva professionalità. Capita. Il pensiero liberale recitato come il rosario è una rinuncia al pensiero, dunque anche alle soluzioni che potrebbe generare. Questo sì un limite, perché è invece proprio una fuga dalla retorica che aiuterebbe a salvarsi dalla demagogia.
Niente illusioni, solo verità - promette Parisi. Ma la verità è una promessa che la politica non può (né deve, per carità) mantenere, perché quello è l’ambito della fede. E’ semmai la realtà che la politica deve approfondire, scendendo sotto la superficie. Quindi compiendo un surplus di conoscenza perché le conoscenze che si hanno già, le esperienze, le cose fatte, le cose viste sono necessarie ma non bastano, specie se sono le stesse di vent'anni fa e promanano dalle stesse, non sempre esemplari, riserve di potere.