È praticabile una leadership liberale per un centrodestra illiberale come quello italiano? Oppure c’è un problema più vasto e profondo, che non riguarda solo l’Italia? Sono i partiti che si stanno rivolgendo ad altri elettori, o sono gli elettori stessi che stanno trasformando in senso neoreazionario i partiti liberali e conservatori? A partire da un articolo di Giordano Masini, Strade propone un dibattito sulla mutazione genetica dei centrodestra e delle loro constituency.

berlusconi sorriso

La situazione dell'area politica della destra italiana è sconsolante ed è sotto gli occhi di tutti coloro che vogliano vedere. La sua condizione miseranda è il frutto di un processo politico complesso, che è in larga misura determinato dal modo in cui è finita la cosiddetta Prima Repubblica ed è cominciata la presunta Seconda.

La scomparsa del Pentapartito per opera di una parziale e non risolutiva disinfestazione giudiziaria ha prodotto la grande anomalia politica berlusconiana, che, in collaborazione con l'antiberlusconismo militante, ha compromesso le possibilità di trasformazione politica e sociale dell'Italia. Quell'anomalia ha determinato la crescita e il consolidamento, politicamente poco motivato, della Lega Nord, e ha finito col far abortire il processo politico di Alleanza Nazionale, annessa e distrutta dal PdL, con la complicità della classe dirigente ex-missina. Forza Italia ha anche occupato abusivamente l'area del liberalismo politico ed economico, saturandola di false promesse, di imminenti ma mai attuate “rivoluzioni liberali”, di elegiache celebrazioni dell'evasione fiscale, della corruzione e del crimine organizzato, spacciate per legittime espressioni del “libero mercato”.

La devastazione politica e culturale del berlusconismo ci lascia oggi in eredità una destra politica inesistente, una Lega ridotta a partito anti-immigrazione, che pare aver già raggiunto il massimo del suo potenziale di consenso, un'area centrista cattolica e liberale insignificante, un PD egemonizzato dalle quinte file della Democrazia Cristiana del crepuscolo, una sinistra “radicale” incapace di qualsiasi cosa, e il Movimento Cinque Stelle, una mostruosità impolitica risoluta a divorare se stessa. Uno scenario di desolazione politica e umana difficile da considerare la normale evoluzione di una democrazia avanzata. La crescita dell'astensionismo è anch'essa l'esito della decadenza politica del paese e non un tratto normale e fisiologico di depoliticizzazione della società.

In questo deserto post-apocalittico si aggirano alcuni folli che proclamano o invocano il prossimo avvento della rivoluzione liberale, una palingenesi politica, ma soprattutto fiscale, che aprirà agli italiani le porte del paradiso (fiscale pure quello). Il problema è che tutte le promesse che i “liberali” italiani possono fare ad un paese immiserito, paralizzato e marginalizzato dalla globalizzazione e dall'europeismo accademico-burocratico sono già state fatte e tradite mille volte nell'ultimo trentennio. Tutta l'area che si dichiara liberale è culturalmente squalificata e la sua credibilità politica è irreparabilmente compromessa. Dai sedicenti liberali berlusconiani ai nostalgici del Pli e del Pri, dagli zeloti della setta pannelliana agli sbandati di Scelta Civica e di Fermare il Declino, tutti costoro sono fuori dalla storia politica del XXI secolo. Possono ormai solo guardare da spettatori ciò che altri faranno, nel bene e nel male. Questo fallimento completo e irremediabile è indirettamente rivelato dall'abnorme tasso di trasformismo politico degli esponenti “liberali” e dalla loro patologica attitudine alla prostituzione politica. Incapaci di costruire un loro partito senza dissolverlo immediatamente in una babele di personalismi, lobby e fazioni, i liberali si fanno consigliori e manutengoli di chiunque stia al governo, s'infiltrano nelle corti dei leader dei partiti personali e s'appostano alle spalle dei “troni” di potenti sempre più effimeri, come i gesuiti facevano nel XVI e XVII secolo.

La destra non liberale non è in condizioni migliori. Fratelli d'Italia è un partito senza identità, che coesiste nello stesso spazio elettorale e politico della Lega e che non ha mai chiarito se voglia porsi in continuità con il processo di evoluzione della destra inaugurato a Fiuggi nel 1995, e finito con l'inspiegato scioglimento di Alleanza Nazionale, o se voglia alloggiarsi tra le macerie della destra neo-missina. La Lega ha provvisoriamente abbandonato la retorica, completamente falsa e mendace, dell'autonomismo-secessionismo-federalismo, una riorganizzazione dello stato che ha prodotto soltanto la moltiplicazione dei centri di spesa, la diffusione della corruzione, l'aumento del debito pubblico e l'incremento della pressione fiscale, per diventare un Pegida italiano, un movimento anti-immigrati, anti-euro e anti-UE.

Nonostante ciò, la Lega vuole continuare a rappresentare i ceti produttivi del nord, che fanno soldi esportando innanzitutto nel mercato unico, protetti dalla moneta unica, tutelati dalle norme europee e dal potere negoziale dell'Unione, e che sono datori di lavoro per moltitudini di immigrati sottopagati o dislocatori di stabilimenti all'estero. I malumori verso la gestione di Salvini e della sua cerchia rischiano di spaccare anche la Lega, che ha già dimostrato, con la vicenda di Tosi, di non saper più gestire il dissenso e la conflittualità interna. Forza Italia, quella parte che non ha ancora compiuto la transumanza verso il PD, attende il certificato di morte di Berlusconi, illudendosi che l'inumazione del suo creatore e signore dispiegherà le opportunità di un futuro politico per i tanti cortigiani che contano di sopravvivergli.

Nel complesso, la destra non liberale non ha una vera conoscenza della porzione di società che pur vuole rappresentare, non ha un'idea del futuro del paese che non sia la speranza che, in qualche misterioso modo, ce la caveremo senza pagare il nostro mostruoso debito, e non ha intenzione di assumersi la responsabilità per i molti anni di pessimo governo che ha inflitto alla nazione.

Se in Italia, a differenza di quanto accade nel resto d'Europa, non c'è l'esplosione di consensi per la destra cosiddetta xenofoba è perché il movimento di Grillo intercetta e dirotta una parte dello scontento e della protesta verso i propri temi politici – lotta lla corruzione e al malaffare. La tenuta dei Cinque Stelle, tuttavia, presenta prospettive sempre più incerte, e il tasso di consunzione di quel movimento – ma in verità di tutti i partiti italiani – è estremamente alto. Cosa accadrà quando i grillini entreranno definitivamente in una spirale autodistruttiva? Dove si indirizzeranno i loro nove milioni di voti? Una metà si aggiungerà ai venti milioni di italiani che ormai si astengono ad ogni elezione, una parte tornerà verso la destra non liberale, probabilmente la Lega, al nord, e una residua frazione tornerà a sinistra, se qualcuno riuscirà a creare almeno una scatola in cui raccogliere i voti di sinistra.

Nel medio termine – nei prossimi cinque-otto anni – l'Italia avrà dunque una massa di astensionisti di circa venticinque milioni di elettori potenziali, la metà del corpo elettorale, di cui quindici milioni hanno votato fino al 2008 e dodici milioni fino al 2013. Questa massa di voti, completamente mobili, si potranno indirizzare – in massa – verso qualsiasi nuovo partito decida di parlare loro seriamente e sinceramente di lotta alla corruzione, di rinnovo completo della classe dirigente, di riorganizzazione totale dell'amministrazione dello stato, di profonde riforme economiche e sociali, di ripristino drastico della legalità, di riduzione massiccia della quota di popolazione immigrata, di rinegoziazione rigorosa dei trattati europei.

Questa massa di voti deciderà l'istantanea e imprevedibile vittoria elettorale di quel nuovo soggetto politico che saprà riportarli ai seggi. Quali saranno le caratteristiche politiche di questo soggetto, quali i reali contenuti delle riforme che proporrà agli elettori, quali le capacità di attuarle da parte di un soggetto destinato a passare immediatamente dalla propria culla al governo del paese, ebbene, queste sono le questioni che definiranno il futuro dell'Italia. Una cosa è certa, non sarà un partito liberale.