Aula Senato

In Italia tendiamo evidentemente a sopravvalutare il peso che i sistemi elettorali esercitano sui processi politici.

Dal referendum del 1991 in poi abbiamo cercato la formula magica che garantisse la governabilità delle istituzioni e la qualità dei suoi “prodotti”, come se gli incentivi e i disincentivi della meccanica elettorale potessero predeterminare l’esito del gioco democratico. Ci siamo sbagliati e continuiamo a perseverare nell’errore.

Quanti difendono le virtù taumaturgiche dell’Italicum di fronte allo stallo post-voto in Spagna e quanti al contrario denunciano la natura costrittiva e autoritaria del premio di maggioranza sono, in entrambi i casi, epigoni di questa “retorica democratica” che ha afflitto, ma non salvato l’Italia, consegnandola all’illusione che bastasse cambiare la legge elettorale per migliorare l’efficienza, la rappresentatività e la moralità del sistema politico.

Da questo punto di vista, l’Italicum – che, sia chiaro, non è una “legge truffa” e grazie alla soglia di accesso al premio di maggioranza e al ballottaggio è molto meno distorsivo del Porcellum – non garantirebbe altrove, e non garantirà affatto neppure in Italia alcuna stabilità politica (oggi le divisioni del PD diventerebbero sic et simpliciter le divisioni del governo) né mette di per sé al riparo dall’avventurismo elettorale (in un ballottaggio, la maggioranza populista grillina e forza-leghista potrebbe saldarsi, a danni del PD: il contrario di quanto avvenuto poche settimane fa in Francia).

La legge elettorale è una delle variabili in campo. Conta, ma non più di quel che i partiti e soprattutto gli elettori fanno in modo che conti. In Spagna, se ci fosse l’Italicum, oggi un ballottaggio potrebbe confermare un Rajoy azzoppato o intronare un Sanchez arreso alle forze politiche populiste e indipendentiste che hanno portato il PSOE al minimo storico e continuerebbero a condizionarlo in Parlamento, anche se formalmente dalle fila dell’opposizione. Che vincesse l'uno o l’altro dei due grandi perdenti del primo turno, insomma, dal ballottaggio a Madrid non ci si potrebbe oggi aspettare alcun miracolo, né un rimedio all’instabilità.

Per converso, è evidente che il Paese europeo in cui negli ultimi lustri la politica e le leadership si sono dimostrate più coraggiose e riformatrici e il populismo nazionalista è rimasto ai margini esterni del sistema rappresentativo è proprio quello – la Germania – con un sistema politico-istituzionale che, secondo il metro della retorica italiana, dovremmo considerare più inefficiente e consociativo.

Il che non è una ragione per esportare ovunque il sistema elettorale tedesco, che in Italia avrebbe certamente effetti assai più disgregativi e "centrifughi" dalla responsabilità di governo, ma per ragionare in termini finalmente laici e relativi anche delle leggi elettorali.

@carmelopalma