Fantozzi fila

Lo scandalo del Comune di Sanremo ricorda tragicamente le vicende raccontate (o forse denunciate) dal Fantozzi di Paolo Villaggio: l’assenteismo elevato a stile di vita per decine e forse centinaia di dipendenti dell’ente locale ligure, che si coprivano l’un l’altro timbrando cartellini.

Certo, il caso di Sanremo è patologico e non rappresenta la fotografia della pubblica amministrazione italiana, ma sotto la punta dell’iceberg c’è una massa enorme di inefficienza e fannullismo di cui le vittime sono in primis i tanti dipendenti pubblici onesti e competenti, poi l’intera società italiana.

Si dice: le norme per licenziare chi non rispetta i propri obblighi contrattuali ci sono. È vero, ma il problema, come spesso accade, è l’applicazione di queste norme e il favor – anzitutto ideologico – riconosciuto ai dipendenti pubblici rispetto a quei dirigenti che “osano” licenziare. Finché prevarrà questo pregiudizio positivo da parte della magistratura del lavoro, non ci sarà riforma della pubblica amministrazione che tenga.

C’è però una riforma che andrebbe seriamente presa in considerazione, ovviando alla mancanza di coraggio avuta finora: l’inclusione dei dipendenti pubblici nella nuova disciplina dei contratti a tempo indeterminato, quella del Jobs Act.

Le nuove norme sono state presentate dal governo Renzi come un modo per superare le disparità e le discriminazioni annidate in un mercato del lavoro di “figli e figliastri”, in cui le norme e le tutele variano in modo incomprensibile a seconda dei casi e dei contratti applicati e il prezzo della flessibilità è interamente pagato dai lavoratori esclusi dal “privilegio” di un contratto a tempo indeterminato.

Il principio dell’applicazione universalistica di un sistema di uguali diritti e garanzie per tutti i lavoratori dipendenti, che è la base del Jobs Act, è però contraddetto dall’esclusione di quanti saranno in futuro assunti nel settore pubblico: per costoro continuerà a valere il “classico” diritto alla reintegra nel posto di lavoro. Tutti i lavoratori sono uguali, ma quelli pubblici sono più uguali degli altri?

È invece auspicabile che la nuova disciplina trovi un’applicazione davvero universale, senza discriminazioni né in positivo né in negativo. Se la nuova normativa è necessaria per rendere insieme più equo ed efficiente il mercato del lavoro, queste esigenze valgono a maggior ragione all’interno della pubblica amministrazione. Il fatto che i dipendenti pubblici siano normalmente assunti per concorso non comporta affatto che essi possano per questo godere di un trattamento più favorevole o che nel loro caso i licenziamenti collettivi e individuali, per ragioni economiche e disciplinari, debbano trovare motivazioni diverse da quelle previste per i dipendenti del settore privato.

Si può obiettare: ma se pure ci fosse questa estensione del Jobs Act per i nuovi assunti nella PA, questo non avrebbe alcun effetto pratico sugli attuali dipendenti. Vero, ma si tratterebbe di mettere finalmente uno spartiacque e un punto di partenza, un messaggio non solo simbolico. La festa è finita.