Banche popolari: non ci sono più gli speculatori di una volta
Innovazione e mercato
Pochi giorni fa, nel corso di una audizione parlamentare sulla riforma delle banche popolari, la Consob ha segnalato l'esistenza di scambi anomali sulle azioni degli istituti interessati nei giorni immediatamente precedenti il varo del decreto legge, avanzando la possibilità che possa essersi trattato di operazioni di insider trading. Tali operazioni, sempre secondo le prime stime della Consob, avrebbero prodotto plusvalenze potenziali per circa 10 milioni di euro.
Tanto è bastato per sollevare una vera e propria bagarre politica intorno a una riforma utile, e che aspettava di essere varata da moltissimo tempo. Certo, per la maggior parte di noi 10 milioni di euro sono parecchi soldi. Ma una speculazione da 10 milioni di euro è tanto? O è poco?
Per comprendere a pieno la questione forse è meglio svolgere prima un ragionamento più generale. È meglio cercare un adeguato termine di paragone. Per trovarlo mettiamo un attimo da parte l'episodio delle popolari di questi giorni e torniamo un po' indietro nel tempo.
Il 16 settembre del 1992 George Soros, personaggio all'epoca già potente e affermato nel mondo finanziario, salì alla ribalta internazionale per una speculazione sul cambio della sterlina inglese che gli fece guadagnare oltre un miliardo di dollari nell'arco di appena un giorno. Fu una operazione al limite del temerario. Il finanziere rischiò oltre 10 miliardi di dollari in un colpo solo. Puntò sulla svalutazione del pound e vinse. La stessa sorte della sterlina toccò subito dopo alla lira italiana. Dopo la Banca d'Inghilterra, Soros mise al tappeto la Banca d'Italia costringendo anche la nostra vecchia lira a uscire dallo SME.
La speculazione è nell'ordine naturale delle cose. La storia dei mercati finanziari è piena di episodi di speculazione. Alcuni veramente eclatanti, che nel bene e nel male hanno reso famosi i protagonisti facendoli passare alla storia. Altre migliaia di episodi minori che, invece, hanno fatto notizia pochi giorni per poi essere dimenticati.
Dalle accuse di insider trading, di essersi servito di informazioni riservate provenienti dai salotti dell'alta finanza, Soros si è sempre difeso dicendo di avere operato in modo del tutto legittimo. E di non aver usato altro che il proprio intuito e le informazioni pubbliche. Insomma, per speculare non c'è sempre bisogno delle soffiate. Alla simpatica storia raccontata nel film "Una poltrona per due", dove Eddie Murphy e Dan Aykroyd speculano rubando un rapporto di previsione ufficiale sull'andamento del mercato, Soros contrappone una visione in cui per speculare proficuamente bastano le informazioni pubbliche a disposizione di tutti in ogni momento. Basta saperle leggere (e, aggiungo io, poter contare su una discreta "riserva di munizioni").
La morale suggerita da questo come da altri famosi episodi reali di speculazione, quindi, è semplice. Molto spesso, a determinare le condizioni che consentono alti guadagni agli speculatori non sono tanto le soffiate, quanto piuttosto gli errori delle autorità monetarie, delle autorità di regolazione o dei legislatori. Quanto più grosso è l'errore, tanto più guadagnano gli speculatori.
Nel settembre 1992 l'errore fu la difesa assurda, sia da parte della Banca d'Inghilterra sia della Banca d'Italia, di un cambio assolutamente indifendibile. La svalutazione della sterlina, così come quella della lira erano due fatti inevitabili. Erano nell'ordine delle cose. Le economie e soprattutto le finanze pubbliche della zona SME erano su percorsi divergenti, e le dichiarazioni pubbliche dell'allora potentissima Bundesbank erano state chiare in merito all'atteggiamento che avrebbe assunto sul mercato dei cambi. L'errore fu enorme, ed enormi furono i guadagni di Soros e di tanti altri pesci più piccoli.
Ora torniamo pure al giorno d'oggi e all'episodio delle popolari per porci due domande. La prima: la riforma delle popolari varata dal legislatore è forse un errore? La seconda: quanto hanno guadagnato gli speculatori in questa occasione?
La riforma delle banche popolari varata dal governo è tutt'altro che un errore. Migliorerà la governance degli istituti interessati adattandola al funzionamento di un settore bancario più moderno. Le banche divengono più contendibili, l'assetto proprietario non sarà più ingessato e il mercato del controllo societario sarà più efficiente. Ciò sicuramente si rifletterà in modo positivo anche sulla gestione, sull'efficienza e sulle performance degli istituti e di tutto il sistema bancario nazionale.
Quanto ai presunti guadagni degli speculatori, la stessa Consob ha parlato di plusvalenze "potenziali" (vale a dire ancora da accertare completamente) per 10 milioni di euro. Ebbene, nell'arco di pochissimi giorni, e per la precisione dal 16 al 23 gennaio scorso, la capitalizzazione di borsa delle 7 popolari quotate e interessate dalla riforma è cresciuta in misura notevole. Quasi 2,9 miliardi di euro! È chiaro che, di fronte a una cifra simile, 10 milioni di euro sembrano veramente poca cosa. Insomma, non mi pare che ci troviamo difronte a un episodio di quelli che passano alla storia. E comunque non inficia il contenuto di una riforma che, messi forse da parte i tempi e i modi in cui è stata fatta, resta sicuramente valida.
La magistratura e la Consob, come è giusto che sia, proseguiranno le proprie indagini e la giustizia farà il proprio corso. Se c'è qualche "furbetto del quartierino" che merita una sculacciata è bene che la prenda. Ma l'episodio in sé sembra di quelli destinati a essere dimenticati nel giro di poco tempo. Probabilmente resterà sotto la luce dei riflettori solo fino a quando qualcuno non si stancherà di servirsene come pretesto per sollevare polveroni a fini politici. Cioè fino a quando si sarà accorto che non serve proprio a niente.