Renzi: pane, immunità e ipocrisia
Editoriale
Il governo, per il nuovo Senato riformato, l'immunità non la vuole – si precipita a precisare il Ministro Maria Elena Boschi non appena scatta l'allarme grillino contro l'immonda "vergogna" castale. L'immunità per i senatori tuttavia non è per nulla una vergogna, come non lo è quella per i deputati: è una tutela giuridica coerente con un sistema che non preveda la subordinazione del potere politico al potere giudiziario. Non è un privilegio della casta, sebbene con invereconda ipocrisia si faccia ormai a gara tra governo e finta opposizione a ripudiarne indignati la paternità. Il fatto che un'analoga immunità sia prevista in numerosi e civilissimi paesi europei, non solo rispetto a provvedimenti limitativi della libertà personale, ma pure rispetto al semplice esercizio dell'azione penale contro un rappresentante del popolo, non aiuta comunque a guardare all'istituto con meno pregiudiziale disprezzo.
Non è nemmeno l'immunità in questione – se sia giusto mantenerla o no, se sia coerente con il sistema di poteri che si sta ridefinendo; se ne sia opportuna la modalità di esecuzione e di revoca. In questione c'è la casta, contro la cui inossidabile irriformabilità riposa invece tutta la retorica renziana. Il nuovo Senato dei sindaci e consiglieri regionali voluto da Matteo Renzi non sarà affatto meno casta del Senato fatto dei senatori-senatori disprezzato da Matteo Renzi; sarà un'altra casta, con delle sue specifiche prerogative castali che non saranno certo le stesse della vecchia, quelle che ne hanno appunto simbolizzato mediaticamente la non rispettabilità – l'immunità tra queste. E a questo punto, chi mai dirà di volerla introdurre perché è un principio sacrosanto di indipendenza?
Che sia chiara quindi la ratio per la quale la immunità del parlamentare sarà abolita: è la generica assimilazione del termine 'immunità' alla categoria castale il problema che obbliga alla eliminazione dell'istituto. Non è l'istituto in sé, che infatti non viene neanche discusso. Renzi stesso si dice indifferente alla questione, può starci o no, purché le riforma proceda.
Ed è un peccato che sia così, perché invece la cosa da cambiare – l'elemento di sostanza che sarebbe stato un gran bene modificare – sarebbe forse l'organismo deputato a vagliare la richiesta di arresto del parlamentare da parte del giudice. Nel sistema attuale è il Parlamento che giudica sulla legittimità della richiesta nei confronti di un parlamentare, cioè i colleghi dello stesso parlamentare. Anche questa non è affatto una "anomalia" solo italiana, anche se anomala per tutta la Prima Repubblica - quando l'immunità non valeva solo rispetto all'arresto, ma all'azione penale in sè - è stato il modo in cui questa prerogativa è stata esercitata, cioè in modo pregiudizialmente favorevole agli eletti. Questo ha reso ignobile l'immagine di un istituto nobile. Alla fine il meccanismo risultò così sgradevole per l'opinione pubblica e imbarazzante per la stessa classe politica che nel '93 si giunse a riformare l'istituto abolendo la cosiddetta "autorizzazione a procedere". D'altronde è la medesima sgradevolezza che si avverte nei confronti del regime di auto-controllo dei magistrati che affidano al Csm - ovvero a se stessi - il potere di giudicare sui provvedimenti disciplinari avviati a loro carico. Un sistema che puzza inevitabilmente di impunità.
Il punto quindi non è negare ai senatori la residua immunità da cui invece sono coperti i colleghi deputati (articolo 68 della Costituzione), e non è neanche negarla agli uni e agli altri per simmetrico asservimento al forcaiolismo più becero. Non è neanche differenziare le due camere per il fatto che i senatori sono anche altro, ovvero sindaci e consiglieri regionali. Il punto, visti i precedenti, è semmai chi debba avere il potere di dirimere la partita tra potere giudiziario e potere politico.
La senatrice Finocchiaro pare avesse proposto al governo di individuare quest'organo nella Corte Costituzionale. Pare le abbiano detto di no per non gravare la Corte di un lavoro eccessivo. Una scusa ridicola, francamente. Quello che risulta vergognoso, ma davvero, in questa vicenda è l'ipocrisia di Renzi e del suo governo, di Forza Italia e dei suoi padri costituenti. Persino la Lega – apprendiamo – pare stia ripudiando la paternità dell'emendamento sull'immunità. Non c'è manco più il gioco delle parti: giocano tutti dalla stessa parte. Siamo oltre la commedia, oltrissimo persino al teatrino dei pupi. Siamo altrove, in un nulla da dove d'altronde non sembriamo avere 'sta gran voglia di levare le tende.