logo editorialeNoi non abbiamo tagliato dipendenti pubblici, abbiamo assunto precari. Irlanda, Portogallo, Spagna, Regno Unito hanno tagliato, parecchio, non è stata una strage e comunque è stata breve. Adesso crescono. Noi non abbiamo scalfito gli sprechi del sistema, le sue collusioni, la sua trasparenza zero; anzi li abbiamo ove possibile incrementati. Abbiamo fatto noi – non i partner europei - politiche assistenziali senza costrutto, come la cassa integrazione in deroga, che non serve a far crescere il sistema né a far crescere per chi ne beneficia le opportunità di trovare un nuovo lavoro. È una spesa, qualcuno la paga, cosa di strutturalmente positivo produca in cambio rimane un mistero. La spending review poi  - che di per sé è solo una mappa delle voci di spesa, non una delibera di tagli - ormai è un rosario. Partiamo dall'inizio, arriviamo alla fine e ricominciamo da capo – un ritmo che da annoiato si fa stanco, e da stanco spossato. Perché nel frattempo la spesa da rivedere rimane tutta lì, intonsa.

Di che parliamo quindi quando parliamo di austerity, in Italia? Quando ne parla Merkel è chiaro cosa intenda: non buttare i soldi nel cesso. Non suona oggettivamente una pretesa opinabile, è il pre-requisito logico di qualunque intrapresa economica si voglia orientata a produrre ricchezza, cioè appunto a determinare sviluppo. La crescita che dovremmo volere è quella invocata dal Presidente Napolitano – pareil: una crescita economica in senso lato, di qualità diffusa della vita, delle opportunità, degli spazi anche civili di libertà.

Bene, cominciamo a vedere cosa serve per crescere in quel modo lì. Serve essere i 'best in class' nella produzione di qualcosa, che ha un mercato non fondato sulla contrazione del costo dell'ora lavorata. Servono istruzione, tecnologia, know how ecc. ecc., mentre quello che invece non serve a conseguire quel progetto competitivo di socio-prosperità, o che ne ostacola il raggiungimento, bene quello va tagliato via. Tagliare centri di spesa e livelli decisionali, quindi teste poltrone spesa pubblica burocrazia, serve a crescere, è la condizione necessaria per crescere. Ecco, se questa è l'austerity. O vogliamo continuare a pensare che alla nostra economia serva invece un investimento politico di primo piano per far comprare agli arabi un'azienda inefficiente, Alitalia, sostanzialmente fuori mercato, gonfiata di personale e denaro pubblico, e poi ancora di denaro pubblico, sotto altra forma? Un'azienda in cui ci sono sempre un paio di privati che non ci perdono nulla ed il solito pantalone pubblico, il contribuente italiano, che ci perde molto.

Un'azienda, Alitalia, di cui sono azioniste le banche che continuano, in evidente conflitto di interesse, a farle credito, ad infinitum, anche se è improduttiva, in perdita, senza piani industriali sensati e alla perenne ricerca di un "salvatore". Lo stesso credito che invece le stesse banche negano alle aziende normali che stanno sul mercato, che stanno spesso sul mercato globale, che sono piccole e/o medie e di cui non si fa che parlare con il luccichio dell'italian pride riflesso sull'occhialino, salvo poi in concreto manifestare l'apprezzamento con un cappio burocratico-fiscale, dal quale potersi salvare solo scappando.

@kuliscioff