Ogm: tutto come prima, peggio di prima
Diritto e libertà
Ieri, 13 gennaio 2015, il Parlamento Europeo ha deciso, per la terza volta in 25 anni, di cambiare le regole per l'autorizzazione alla semina di Organismi Geneticamente Modificati sul territorio comunitario.
La nuova Direttiva, che sostituirà la 2001/18 attualmente in vigore, vedrà così la luce dopo una gestazione durata più di 4 anni e caratterizzata da serrate negoziazioni e difficili compromessi. Questo risultato va ascritto tra quelli ottenuti all'interno del semestre di presidenza italiano e non sono mancate le voci a rimarcarlo.
La novità di questo nuovo testo non sta tanto nella possibilità, da parte degli Stati Membri, di vietare la coltivazione di OGM sul proprio territorio. Questa possibilità è sempre stata contemplata sia in presenza di rischi per la salute o per l'ambiente, sia nel caso esista un'impossibilità operativa a garantire la coesistenza tra i diversi tipi di agricoltura. Il punto è che dal 1998, anno dell'approvazione del primo e praticamente unico OGM coltivabile in Europa (il mon810), diversi paesi europei, tra cui l'Italia, hanno fatto a gara nel produrre i più fantasiosi divieti alla coltivazione e alla sperimentazione, divieti che nulla avevano a che vedere con quanto previsto dalla norma comunitaria, ovvero la salvaguardia della salute, la tutela dell'ambiente o la coesistenza tra i diversi tipi di agricoltura. Questi atti, quando impugnati, sono sistematicamente risultati illegittimi e annullati, anche se questo non ha impedito ai diversi paesi di emanarne di nuovi altrettanto fantasiosi, e, grazie ad essi, di rinviare a giudizio agricoltori come Giorgio Fidenato solo per aver provato a coltivare OGM regolarmente autorizzati in UE.
La Direttiva approvata ieri nasce per mettere fine a questo balletto tra Stati, sempre più a corto di idee, e tribunali amministrativi, ed è proprio nel modo in cui dirime la questione che sta l'aspetto più dirompente della vicenda. L'Europa, approvandola, ha infatti deciso ufficialmente e formalmente di abdicare al suo ruolo di garante delle libertà all'interno dell'Unione. Questo dispositivo, per come è concepito, non fa altro che autorizzare i singoli Stati Membri a privare i propri cittadini di una libertà (quella di seminare OGM) senza dover addurre motivazioni cogenti, senza dover dimostrare, dati alla mano, che il concedere quella libertà porti con sé rischi o pericoli, e la Commissione Europea d'ora in poi si dovrà limitare a prenderne atto. Basterà sostenere che gli OGM non rientrano nelle linee di sviluppo agricolo del paese e il gioco è fatto, gli agricoltori di quel paese non potranno più nemmeno pensare di coltivarli. Più arbitrio per gli Stati, quindi, meno libertà per i loro cittadini.
In cambio però abbiamo risolto il problema OGM. I paesi che li coltivano, come la Spagna, continueranno a coltivarli. I paesi che non intendono coltivarli, come l'Italia, continueranno a non coltivarli. L'Europa (Italia compresa) continuerà a importarne milioni di tonnellate perché su essi poggia l'intera zootecnia del continente. Tutto come prima, peggio di prima.