Il decreto sicurezza e il silenzio dei liberali à la carte
Diritto e libertà

Ieri avrebbe potuto esser una giornata facile facile per il liberale in servizio permanente effettivo. Approvato il decreto sicurezza al Senato, il liberale d'ordinanza, che spende buona parte delle sue giaculatorie contro le unghie troppo affilate dei pubblici ministeri (ed ha ragione) o contro gli occhi e le orecchie troppo distratte di troppi giudici (ed anche qui: come dargli torto), quel pezzo monumentale di liberale avrebbe sfogliato il taccuino, pescato una a caso delle tante belle massime appuntante leggendo o ancor di più ascoltando qualcun altro parlare e via.
Ne sarebbe venuto fuori un affilato editoriale da spedire prima della chiusura della redazione a qualche amico direttore di quotidiani, magari quelli che hanno scoperto il garantismo di recente: i neofiti, che sono sempre i migliori perchè son anche i più ottusamente zelanti. E via, stamane, sempre quel pezzo da novanta di liberalismo e quindi di garantista inossidabile, avrebbe gonfiato il petto con le rassegne stampa.
Si riascoltava letto da altri mentre demoliva, in difesa del laico sacro verbo liberale, quella porcheria poliziesca del decreto sicurezza. Si diceva: sarebbe stato così facile. Un esercizio di stile, quasi retorico. Ed invece, mi sa, che molti di quei liberali in servizio permanente devono aver finito l'inchiostro per le penne, smarrito il taccuino con le citazioni, dimenticata in un taxi ignoto la cartella con il block notes, o slogato il polso (faccio entrambi: perché magari son bimani) giocando a tennis. E niente, mi sa che da quelle voci si udirà un assordante silenzio.
Tengo una lista, quella dei liberaloidi per l'argenteria di famiglia: è tristemente più lunga e più fitta dei liberali che meritano ancora questo nome bistrattato. Diceva un tempo Gaetano Salvemini che l'onestà intellettuale era la prima e più importante forma di onestà. Le altre manifestazioni di onestà seguivano quella. Ecco: di sedicenti intellettuali liberali sono piene di norma le colonne a stampa. Quella forma di onestà deve esser stata tagliata nell'impaginazione. Troppo lunga, troppo pensate. Troppo ingombrante.
