Legittimo impedimento. Più tutele per i difensori, il Parlamento corregge il silenzio del codice
Diritto e libertà

Il Senato ha approvato, in prima lettura, un disegno di legge a prima firma della senatrice Stefani (Lega), con la quale si interviene su una materia delicata e spesso trascurata del processo civile e penale: quella del legittimo impedimento del difensore. Un intervento normativo composto da soli tre articoli, ma dal rilievo potenzialmente significativo, volto a dare sistemazione organica a ipotesi sinora affidate alla prassi giurisprudenziale e a margini di interpretazione disomogenei.
L’intento dichiarato è quello di rafforzare le garanzie difensive nel rispetto dell’equilibrio tra il diritto alla salute, alla maternità e alla cura familiare da un lato, e le esigenze di efficienza del processo dall’altro.
Il primo articolo incide sull’art. 153 del codice di procedura civile, norma che regola la remissione in termini. All’attuale impianto – che già consente alla parte, in caso di decadenze imputabili a causa non sua, di chiedere la rimessione – si aggiunge un nuovo comma. Esso estende il beneficio della remissione al difensore che dimostri, mediante idonea documentazione, di non aver potuto rispettare i termini processuali per ragioni quali:
- caso fortuito,
- forza maggiore o improvvisa malattia,
- infortunio o particolari condizioni di salute legate allo stato di gravidanza
- assistenza a figli o familiari affetti da disabilità o gravi patologie,
- esigenze improrogabili di cura della prole.
Si tratta di una tipizzazione legislativa di situazioni già note alla prassi, ma mai espressamente codificate: in ciò, il legislatore esercita un potere chiarificatore che risponde a esigenze di certezza del diritto, ma anche di equità. L’articolo 2 del disegno di legge modifica l’art. 81-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, introducendo un nuovo comma che disciplina con maggiore puntualità le ipotesi di legittimo impedimento del difensore in sede civile.
La norma prevede che, in presenza di un impedimento assoluto alla comparizione – dovuto a caso fortuito, forza maggiore, malattia improvvisa, infortunio, stato di gravidanza o esigenze inderogabili connesse all’assistenza a figli minori, familiari con disabilità o gravi patologie – il giudice può disporre il rinvio dell’udienza, a condizione che l’impedimento sia documentato con idonea certificazione, prodotta, se possibile, prima dell’inizio dell’udienza o comunicata alla cancelleria anche tramite posta elettronica certificata.
La previsione si distingue per la volontà di tipizzare le fattispecie, evitando arbitri interpretativi e ancorando il rinvio a criteri obiettivi e verificabili. Non viene tuttavia trascurata la flessibilità del rito: l’omessa comunicazione anticipata dell’impedimento non preclude il rinvio se ricorrono motivi giustificati. Resta esclusa l’applicabilità della norma quando il mandato difensivo sia conferito congiuntamente a più procuratori: in tal caso, l’assenza di uno non legittima il rinvio se l’altro è disponibile a comparire.
L’articolo 3 completa la riforma intervenendo sull’art. 420-ter del codice di procedura penale, che disciplina il legittimo impedimento del difensore. Il nuovo testo del comma 5 impone al giudice il rinvio dell’udienza, qualora l’impedimento sia comunicato tempestivamente, e riconosce esplicitamente come cause giustificatrici:
- la necessità di assistere figli o familiari affetti da patologie, senza limiti di età o autonomia;
- lo stato di gravidanza, con riferimento ai due mesi antecedenti e ai tre successivi al parto.
Nel suo complesso, la riforma si muove lungo una direttrice chiara: riequilibrare il rapporto tra esigenze del processo e diritti della difesa, riconoscendo al difensore — nella sua concreta condizione personale e familiare — un ruolo che non può essere disgiunto dalla realtà. In questo senso, la previsione normativa non introduce automatismi né concede alibi: affida al giudice, come è giusto, la valutazione della fondatezza dell’impedimento, ma lo fa su una base normativa finalmente definita, che pone fine a interpretazioni eterogenee e talora arbitrarie. Una riforma, dunque, non dirompente ma necessaria, che rafforza lo stato di diritto senza incrinarne l’efficienza.
