Israele a Gaza, la pars construens che manca
Diritto e libertà

Netanyahu e la destra clericofascista stanno rendendo la guerra ad Hamas più complicata. Hamas va distrutta, e ciò richiede un conflitto urbano che necessariamente avrà tante vittime civili, come è stato a Raqqa e Mosul. Hamas usa scudi umani e non libererà gli ostaggi.
L'unica leva negoziale di Hamas sono infatti gli ostaggi, e l'unica promessa che si può fare in cambio degli ostaggi è la sopravvivenza di Hamas, inaccettabile. L'unica strategia che potrebbe portare Hamas a sopravvivere è massimizzare le vittime palestinesi (vere e inventate), quindi non farà nulla per proteggere i civili, e tutto per metterli a rischio (come nascondersi in scuole e ospedali).
Ciò impone un conflitto necessariamente sanguinoso per la popolazione civile, che se fosse razionale si ribellerebbe ad Hamas e, se vincesse, farebbe terminare immediatamente la guerra, che del resto senza le scelte dei gazawi non sarebbe mai iniziata: Gaza si autogovernerebbe liberamente dal 2005 se i palestinesi fossero stati razionali.
In teoria. Impossibile aspettarsi che i palestinesi siano razionali: nel 2005, dopo il ritiro israeliano, la prima cosa che fecero è regalare il potere assoluto a dei tagliagole. Non si può contare sul fatto che i palestinesi prendano una decisione sensata.
Ma dopo 18 mesi di guerra qualche movimento di opposizione ad Hamas esiste. E come tutte le opposizioni in regimi totalitari, finisce male. Il movimento è minoritario anche perché i palestinesi non hanno coscienza dell'abominio morale compiuto in loro nome il 7 ottobre. Sono moralmente malati, anche grazie alla propaganda dell'UNRWA, il MinCulPop di Hamas.
E qui entra in gioco Netanyahu. La guerra a Gaza è di regime change, contro un nemico che adotta tattiche di guerriglia e si è preparato allo scontro per venti anni. Per cambiare un regime serve creare un'alternativa che abbia la fiducia della popolazione. I palestinesi sono irrazionali quindi non reagiscono ragionevolmente agli incentivi, ma piano piano, se si offre un'alternativa, si potrebbe togliere il terreno sotto i piedi ad Hamas. Purché si offra una pars construens.
Innanzitutto, bisogna indebolire Hamas, e questo è stato fatto. E impedire che si riarmi, controllando le frontiere come il valico di Rafah, e questo è stato fatto: le frontiere non andranno restituite neanche dopo la guerra, e Gaza dovrà essere un'enclave. La capacità militare di Hamas dipende dalle scorte accumulate in venti anni e dalle nuove reclute.
Il processo non è completato e ci sono ancora capi da assassinare, miliziani da uccidere, armi da distruggere, tunnel da far saltare. Questa operazione si chiama "clear", ed è la pars destruens. Su questo il lavoro svolto è impressionante e l'operazione continua come deve.
Manca la pars construens, "build": gli israeliani devono offrire un'alternativa ad Hamas che sia preferibile, e proteggere i civili dalle sue rappresaglie, altrimenti pochi si ribelleranno, e chiederanno l'aiuto di Hamas per l'acquisto degli aiuti rubati (clientelismo).
Servirebbe in teoria un'area pacifica che offra tutti i servizi e consenta una vita normale, senza Hamas, senza scuole di martirio gestite dall'UNRWA, dove gli aiuti umanitari (controllati da Israele per evitare contrabbando di armi) fluiscono senza ostacoli e raggiungono la popolazione senza passare per i terroristi. E questa oasi di pace dovrebbe gradualmente espandersi a tutta Gaza, una volta circondati e uccisi i miliziani di Hamas.
Per farlo, gli israeliani dovrebbero promettere credibilmente ai palestinesi che dopo Hamas ci sarà un domani. Ma per prometterlo Netanyahu ha un ostacolo enorme: i clericofascisti israeliani, fanatici quanto Hamas (almeno non stupratori e infanticidi), privi di coscienza e di scrupoli.
Per costruire un'alternativa serve la sicurezza, la ricostruzione una volta impedito che Hamas rientri nelle zone pulite, serve garantire che l'occupazione sarà temporanea, che non ci saranno coloni a Gaza, e che non ci saranno deportazioni di massa e altri crimini. Palesemente Netanyahu non può promettere queste cose: ha dei fanatici al governo che glielo vieterebbero, mettendo fine alla sua vita politica. E lo stesso Netanyahu ha recentemente parlato di deportazioni ("Piano Trump").
Per 18 mesi Israele ha usato una tattica di puro "clear", chiamata ironicamente "commuting to war", destinata a fallire perché non separa la popolazione dai terroristi e non protegge i primi. Oggi dice di voler implementare la strategia Petraeus di "clear, hold, build".
Se fino a ieri la nuova strategia non andava bene - magari perché il "build" è troppo costoso, l'"hold" richiede troppi soldati, e l'ipotesi che i palestinesi si ribellino ad Hamas e scelgano la pace alla guerra è infondata - non si capisce perché debba funzionare oggi, visto che è la dottrina ufficiale del nuovo capo dell'IDF.
Per 18 mesi si è adottata la strategia che non poteva fornire un'alternativa ad Hamas. I riservisti sono morti e si sono esauriti senza una via di uscita dal conflitto, come gli americani in Iraq o in Afghanistan. Oggi si passa, con ritardo, alla strategia che potrebbe funzionare se i palestinesi saranno razionali.
Ma questa strategia poi viene minata alla base dalla destra israeliana, che continua a parlare di affamare i palestinesi, di deportarli in massa, di far rientrare i coloni cacciati da Sharon nel 2005 (la storia ha dimostrato che Sharon aveva torto, ma è un'altra storia). Fosse per loro, non ci sarà mai nessun "build", e quindi è inutile fare "l'hold", se non per facilitare il "clear".
Di conseguenza anche questa strategia rischia di fallire, perché l'attuale governo israeliano non può promettere ai palestinesi che sarà migliore di Hamas, avendo in coalizione gente che ragiona come Hamas. Gente spiritualmente malata che è disposta a mettere a rischio la sicurezza di Israele pur di avere ragioni di odiare i palestinesi, come i palestinesi sono in grado di autoinfliggersi inutili sofferenze da ottanta anni senza alcun ripensamento e nessuna autocritica.
L'isolamento internazionale di Israele non dipende da Netanyahu: dato che la guerra è inevitabile perché non ci sono altri modi di eliminare Hamas, le proteste e gli attentati antisemiti continueranno anche dopo Netanyahu. Se non ci fossero ebrei di mezzo, in questo caso israeliani, a nessuno fregherebbe della guerra, e anzi sarebbe un'operazione antiterrorismo come tante, solo occasionalmente discussa sui giornali.
La fine di Netanyahu eliminerà alcuni ostacoli alla vittoria, come l'inesistenza di un piano per il dopo Hamas che invogli i palestinesi a smettere di appoggiarli. E toglierà agli amici moralmente sani di Israele l'imbarazzo di difendere un governo di gente simile ad Hamas. Perché non ha alcun senso sconfiggere il male, se si diventa il male.
