“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” dice il Gattopardo di Mosca

Come era facilmente prevedibile per coloro che seguono con attenzione la diplomazia del Cremlino, i negoziati avviati a Riad tra Stati Uniti e Russia per giungere alla fine del conflitto armato in Ucraina si stanno rivelando ogni giorno di più l’ennesimo trucco russo per continuare la guerra di logoramento non solo sul campo di battaglia, ma anche sul tavolo negoziale. Come un novello Tancredi di gattopardesca memoria, Putin punta a dare l’illusione che tutto cambi per far sì che tutto rimanga com’è. Si tratta di una vecchia tecnica russa, affinata in Siria per gran parte dello scorso decennio: la cosiddetta tattica del salame. Nel contesto siriano, e ora in quello ucraino, la Russia ha utilizzato questa tattica con precisione chirurgica, minando sistematicamente ogni tentativo di risoluzione politica del conflitto e rafforzando le proprie posizioni di spoiler del processo diplomatico.

In Siria, il sostegno incondizionato al regime di Bashar al-Assad è stato il fulcro della strategia politico-militare russa, volta ad approfittare delle primavere arabe del 2011 e al conseguente caos politico per rimettere piede in quel Medio Oriente, da cui era stata di fatto espulsa alla metà degli anni ‘70 del XX secolo. Di fronte alle crescenti pressioni internazionali e ai tentativi di mediazione volti a una soluzione politica della guerra in Siria, Mosca ha abilmente frammentato il processo diplomatico, approfittando soprattutto della inerzia e delle divisioni occidentali.

Ogni iniziativa di pace, ogni tavolo di negoziato, è stato frammentato e affrontato separatamente, spesso con agende e partecipanti diversi, impedendo la formazione di un fronte unito e coerente da parte della comunità internazionale. Parallelamente, la Russia ha fatto un uso spregiudicato del proprio potere di veto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite bloccando ogni risoluzione che condannava le violazioni dei diritti umani del regime siriano, che chiedeva un processo politico ed inclusivo per la definizione del futuro della Siria o che semplicemente cercava di portare aiuti umanitari alla popolazione civile senza i vincoli imposti da un regime criminale e omicida.

Attraverso la costruzione di un labirinto diplomatico, la Russia per oltre un decennio ha paralizzato il Consiglio di Sicurezza dell'ONU e reso di fatto impotente la comunità internazionale di fronte ai crimini di guerra e contro l’umanità commessi in Siria. Il risultato è stato un conflitto protratto per anni, con costi umani incalcolabili e la distruzione di un intero paese che, per oltre un decennio, ha garantito a Putin il consolidamento della sua influenza in Siria e una presenza militare strategica nel Mediterraneo orientale.

Le stesse dinamiche si stanno sviluppando nel contesto ucraino. La narrazione russa, abilmente diffusa attraverso i propri canali di propaganda e amplificata dagli utili idioti seduti tra le fila dei Patrioti in Europa e da esponenti del mondo MAGA negli Stati Uniti, mira a presentare il conflitto come una serie di questioni separate: la protezione delle minoranze russofone, la “denazificazione” dell'Ucraina, la neutralità del paese e da ultimo evanescenti tregue su strutture energetiche e nel Mar Nero che, oscurando l'obiettivo principale di Putin, mira alla destabilizzazione nel campo occidentale e all’espansione della sfera di influenza russa.

La tattica del salame si rivela di nuovo una strategia di logoramento diplomatico estremamente efficace. Essa sfrutta le divisioni interne e le diverse priorità degli attori internazionali, paralizza i meccanismi di risoluzione pacifica dei conflitti e alimenta la propaganda delle tante Cassandre occidentali che continuano ancor oggi a ripetere che la Russia è destinata a vincere una guerra, che già tre anni, pochi giorni dopo l’invasione, si capì non sarebbe finita secondo i “piani di vittoria” (presa di Kyiv, imposizione di un governo fantoccio, bielorussizzazione dell’Ucraina), grazie all’eroica resistenza di un popolo libero.

Comprendere questa tattica è fondamentale per affrontare le sfide poste dalla politica estera russa. È necessario superare la frammentazione diplomatica per evitare di rincorrere chimere diplomatiche, rafforzare l'unità tra gli alleati dell’Ucraina e sviluppare meccanismi alternativi per contrastare l'uso sistematico del veto al Consiglio di Sicurezza, in situazioni di gravi violazioni del diritto internazionale. Solo così sarà possibile evitare che la tattica del salame continui a mietere vittime e a minare la stabilità globale, come tristemente testimoniato dai conflitti in Siria e Ucraina.