Media Freedom Act. Il canale della libertà che non è ancora arrivato in Italia
Diritto e libertà

Nulla di nuovo sul fronte nazionale.
La Rai serve da sempre a tutti i partiti per controllare una fetta di potere mediatico e per contare su uno spazio garantito, anche attraverso le nomine dei vertici dirigenziali, che permettono di attuare compromessi e salvaguardare equilibri politici.
Quindi, guai se dovessero venire meno le dinamiche di stallo istituzionale, che estorcono il compromesso, quando arriva il momento giusto. Se così fosse, magari si potrebbe perfino sperare di avere un'informazione libera dalle ipoteche e dalle logiche partitiche. Ma questo non è possibile, sarebbe un gesto troppo democratico, un livello di trasparenza a cui non siamo abituati, una presa di coscienza rispetto a responsabilità neppure riconosciute.
Allora è normale che il regolamento europeo European Media Freedom Act (Emfa) che, tra le cose, obbliga gli stati membri a proteggere l'indipendenza dei media pubblici e privati (compresa la concessionaria del servizio pubblico) e vieta qualsiasi forma di ingerenza nelle decisioni editoriali, venga bloccato, in più sedi e a più livelli, malgrado sia più che evidente che entro l'8 agosto 2025 l'Italia dovrebbe adeguare la governance Rai ai principi dell'Emfa.
La Commissione di Vigilanza Rai è tenuta da mesi in ostaggio, il motivo? La destra, in particolare Forza Italia, che vede in Gasparri l'esponente più agguerrito della Commissione, non intende concedere il numero legale per le riunioni della Vigilanza fino a quando non verrà votata Simona Agnes alla presidenza. I giornali ne parlano da quest'estate, quello che non si dice riguarda proprio le dinamiche dello stallo. Ma chi pensa all'informazione che meritano i cittadini? Chi pensa all'adempimento del regolamento europeo?
Non ci pensa la maggioranza in parlamento: la risoluzione presentata dalle opposizioni "sull'applicazione del regolamento europeo che istituisce un quadro comune per i servizi dei media, cosiddetto European Media Freedom Act, con particolare riguardo alla governance" della Rai, è stata respinta dalla Camera lo scorso mercoledì 2 aprile: 165 voti contrari, 114 favorevoli, 4 astenuti.
Entro l'8 agosto dovrebbero essere approvate le norme di attuazione del regolamento; se non verrà fatto, il nostro Paese subirà sanzioni economiche, che saranno a carico della spesa pubblica, quindi dei cittadini, che dovranno pagare le volontà dei partiti di mantenere il potere sull'informazione pubblica.
L'agenda reale del paese è abolita, della riforma Rai non si parla, perchè non è vista come elemento cardine della nostra democrazia. Eppure dovrebbe esserlo, in un periodo storico di grandi cambiamenti geopolitici che necessiterebbe di voci plurali, approfondimenti, tribune politiche con giornalisti che incalzano maggioranza e opposizione in particolare sul futuro dell'Europa (che è il nostro futuro).
La partitocrazia è presente come prima e più di prima, e sono proprio i partiti che dovranno decidere, in coscienza, di farne a meno.
Per il bene della democrazia.
