Il 19 settembre 2022 la pena di 7 anni inflitta al primo cittadino russo condannato per le leggi liberticide contro la libertà di opinione sul conflitto in Ucraina Aleksei Gorinov è stata ridotta a 6 anni e 11 mesi.

Le sorti della guerra mossa dalla Russia contro l’Ucraina dipendono senza alcun dubbio dall’esito del confronto militare sul campo - cercato e portato avanti dall’esercito di Putin anche ai danni della popolazione e delle infrastrutture civili dell’Ucraina – e spetta alle istituzioni ucraine, come ha ricordato anche il presidente del consiglio Draghi durante il suo viaggio negli Stati Uniti, definire le condizioni per la pace da imporre alla Federazione Russa per il ristabilimento dell’ordine internazionale. Ma non ci potrà essere pace senza stato di diritto e senza libertà per i cittadini russi e dunque fin quando non sarà possibile, anche in quel paese, chiedere la pace e denunciare la guerra senza finire in carcere.

Lo dimostra la vicenda drammatica del primo cittadino, oppositore, russo che è stato condannato in base alla legislazione liberticida che punisce la diffusione di notizie false (ritenute tali dalle autorità) sulle azioni dell’esercito Aleksei Gorinov. Il 19 settembre si è tenuta l’udienza per esaminare il ricorso contro la sua condanna a 7 anni ed il Tribunale ha ridotto di un mese la pena che gli era stata inflitta. Aleksei Gorinov, consigliere di una delle municipalità di Mosca, sperava di trovarsi di fronte ad una Corte effettivamente indipendente, ed invece la sua libertà, come quella dei concittadini russi, è nelle mani di giudici asserviti al Governo di Putin secondo i quali le norme che impediscono di chiamare guerra il conflitto in corso in Ucraina non possono essere dichiarate inconciliabili con i principi sanciti anche dalla Costituzione della Federazione Russa, oltre che dalle carte e dalle dichiarazioni internazionali in materia di protezione dei diritti umani.

Aleksei Gorinov contava di poter usare la propria libertà e la propria voce a difesa del diritto alla vita degli ucraini ma nel suo paese per aver fatto questo si può essere condannati. Ora ha di fronte a sé sei anni e undici mesi da passare in un carcere perché - come ha osservato amaramente lui stesso durante l’udienza del 19 settembre - il regime di Putin ed i giudici che operano per conto di quest’ultimo pensano sia necessario questo lungo arco di tempo perché sappia finalmente “riconoscere l’operazione militare speciale in corso non come un conflitto militare, una guerra, ma come un’azione di mantenimento della pace che porta la pace tra le persone”, “imparare a negare la morte della popolazione civile, compresi i bambini, durante questa operazione” nonché “chiedere non la cessazione delle ostilità, ma la loro continuazione”.

Nell’udienza del 19 settembre Aleksei Gorinov ha anche detto: “Ci viene detto ogni giorno e ogni ora che questa guerra è per il bene della pace. Insegnano che uccidersi a vicenda è giusto e normale. No! Questo non è normale. Questo può sembrare normale solo nell'immagine capovolta del mondo che si è sviluppato nella testa di una persona o nella testa di più persone che hanno il potere assoluto (…) e che si sono separate dalla società civile, dal popolo”. Forse si sbagliava, per difetto.

Guardando agli ultimi giorni della campagna elettorale in Italia, infatti, quel che è accaduto viene considerato normale o comunque comprensibile anche da altri che fortunatamente per noi non detengono e non possono aspirare a detenere il potere assoluto . Così come non manca chi prova a fornire un quadro capovolto di quel che sta accadendo. Per Silvio Berlusconi, in fondo, si tratta soltanto di un intervento - non riuscito - mirato a sostituire il presidente Zelensky con delle persone perbene. Per Giuseppe Conte la situazione in atto è la conseguenza della scelta americana - alla quale avrebbe prestato cieca obbedienza il governo sostenuto dal suo Movimento – di non far accettare all’Ucraina la logica del più forte deducibile dal confronto tra i due arsenali militari, e di consentire al presidente Zelensky di spacciare per diritto all’autodifesa quella che, invece, è divenuta una deliberata ricerca di una escalation militare. Ma sono libere opinioni per le quali non saranno chiamati a dare delle giustificazioni di fronte ad un giudice.

E qui, tornando alla vicenda drammatica dalla quale sono partito, sta un punto nodale; non è l’Occidente che aggredisce e vuole vedere sconfitta la Federazione Russa, sono cittadini russi come Aleksei Gorinov come Ilya Yashin  che si battono perché il popolo russo abbia diritto a conoscere per deliberare, perché sia libero di manifestare e perché possa trovarsi di fronte a giudici che amministrano la giustizia in base a leggi uguali per tutti, e non in base alla legge del più forte e del più violento.

A noi, all’opinione pubblica alla comunità degli Stati che si riconoscono nella Carta delle Nazioni Unite spetta, dunque, il compito di scegliere, non solo da che parte stare tra chi vuole imporre la legge del più forte nei rapporti tra Stati sovrani e chi difende l’integrità del proprio paese, ma anche quello di non ignorare e di sostenere (mettendosi al loro fianco) Aleksei Gorinov, Ilya Yashin gli altri detenuti e/o inquisiti per aver condannato la guerra e quanti scendono in piazza chiedendo pace per l’Ucraina e libertà per la Russia. Sono loro, non il fantomatico Occidente collettivo, a sostenere la necessità di sconfiggere Putin e di battere il suo regime.