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È significativo come il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo, argomenta le ragioni contrarie all’invio di aiuti militari alla resistenza ucraina. Nel rispondere a Luigi Manconi, che aveva definito non solo legittimo, ma doveroso soccorrere l’aggredito coi mezzi necessari a (provare a) fermare l’aggressore, ricordando proprio il precedente della Resistenza in Italia , l’ex senatore cossuttiano ha scritto che c’è una semplice e grande differenza tra il soccorso alleato ai partigiani italiani tra il ‘43 e il ‘45 e quello prestato dall’Ue e dai paesi Nato oggi agli ucraini: “mentre gli Alleati erano in guerra da anni col blocco nazifascista, e quindi con la Germania occupante, l’Italia non è in guerra con la Russia”.

Inoltre, definendo “affermazione irresponsabile” quella di chi invita a prendere atto che il conflitto coinvolge, volente o nolente, l’intero continente europeo, Pagliarulo aggiunge per completare e qualificare il concetto: “In sostanza pensiamo che non si possa mettere in pericolo la sicurezza dell’Italia (e dell’Europa)”.

È lo stesso schema che, malgrado il precedente di Monaco 1938 avesse dimostrato che le pretese hitleriane eccedevano di gran lunga i Sudeti, portò nel 1939 molti pacifisti, proprio per salvare una pace nazionale, a dichiararsi neutrali nella guerra già chiaramente internazionale proclamata dalla Germania.

Il deputato socialista e nazionalista francese Marcel Déat, inventore della famosa e sfortunata formula “Morire per Danzica?”, argomentava esattamente negli stessi termini l’indisponibilità a trasformare la questione delle pretese hitleriane sul territorio polacco in un casus belli che mettesse in discussione la sicurezza e la pace della Francia. Il diritto dei polacchi, che non teneva in conto le ragioni della richiesta tedesca, non era una ragione legittima per rischiare una guerra europea.

Il problema è la rimozione – che Déat faceva allora e Pagliarulo fa ora – della forza irresistibilmente espansiva della teoria dello spazio vitale o dell’area di influenza, che non ha limiti “naturali” e neppure “nazionali”, ma solo politici e giuridici, quando e solo se le vengano opposti.

Se invece politica internazionale e il diritto internazionale non mantengono una effettiva coerenza, e la questione della “pace” diventa irriducibile a quella della “giustizia”, inevitabilmente le relazioni tra gli stati (tra tutti gli stati) diventano meri equilibri di potenza, cioè di sopraffazione. E l’illusione, che nuovamente accomuna Pagliarulo a Dèat, che ci siano stati nazionalisticamente sacrificabili all’interesse della propria nazione, diventa una profezia di sventura. Anche per gli stati che pensano di salvarsi lasciandone altri in balia delle pretese imperialiste del più forte.

Come era prevedibile, dopo l’occupazione tedesca della Francia, Dèat si mise disciplinatamente al servizio del governo di Vichy, cioè dei nazisti, anche in quel caso persuaso che la “pace” fosse il maggiore servizio da rendere all’onore della nazione. Altrettanto prevedibilmente, scommettiamo che i pacifisti alla Pagliarulo saranno i primi a sostenere che, per la “pace” dell’Ucraina e dell’Europa, prima si dà a Putin quello che vuole e si disarmano anche le sanzioni economiche, che la Russia equipara a strumenti bellici, meglio è per tutti. Per gli ucraini, per gli italiani e per gli europei. Che dovranno stare attenti a non mostrarsi troppo ostili neppure sulle trattative per il prezzo del gas.