Mi sono ciucciato un video diffuso dal sito web del Corriere, intitolato “Maratona contro l’odio” e rivolto a far marchetta all’ultimo libro di Walter Veltroni. Non è stupefacente ma è triste che gente di buon livello, e in qualche caso persino di genio (Paolo Sorrentino, per esempio), si presti con perfetta serietà alla lettura pubblica delle desolanti stupidaggini messe insieme dal regista di boiate in parentesi letteraria.

In quel filmato, cantanti, registi, attori, scrittori, politici sono ripresi mentre si avvicendano a propalare con ridicolissima gravità talmudica le devastanti banalità di questo poveretto che buoneggia nel repertorio balordo della “perdita di umanità di cui siamo pervasi” (ma cristo santo...), della “rete che è nata per unire” (l’apostolato del web inclusivo, pressappoco) “e invece è diventata una somma di recinti”, del rifiuto dell’”omologazione dei linguaggi” che “è un modo per dare forma a un’idea della vita” (l’apoftegma da Bacio Perugina), dell’odio “come fenomeno collettivo che si manifesta nei confronti di chi è diverzo”: il tutto, appunto, nel profluvio borgataro del discorzo democratico e dei diritti delle perzone perché di tirargli fuori una esse quando serve non c’è pericolo.

Se poi un accesso di autolesionismo portasse a scrutinare il cosiddetto merito dell’opera walteriana, allora sarebbero prevedibili guai. Perché non è dall’odio, come invece argomenta (si fa per dire) Veltroni, che “sono nati i campi di sterminio e i gulag staliniani”, crimini che lui mette nel calderone dei mali del mondo culminanti nel riscaldamento globale, col pianeta assediato da un cattivismo informe e generico che include tutto, dalla legge razziale al profitto capitalistico che non si è risciacquato nella corrente legittimante dell’utilità sosciale con l’esse di supplemento. L’odio non c’entra nulla e semmai quei crimini provengono esattamente dalla causa opposta: vale a dire dall’idea di “bene”, cioè d’amore sociale e socializzante, che i sistemi antidemocratici pretendevano di far trionfare mediante il realismo della soluzione autoritaria, quella che ha investito la sensibilità sbigottita di Veltroni quando gli è caduto sulla capoccia il muro che per decenni ha isolato e protetto l’ipocrisia del comunismo italianone.

È la disponibilità al comando illiberale, non l’odio, a produrre quei crimini, ed è il costituirsi di quella disponibilità in sistema politico a consentirne la reiterazione e ad assicurarne l’impunità. Ed è la verità della democrazia a impedirli, laddove essi invece puntualmente si compiono e si legittimano nella contraffazione della storia, nel negazionismo, nella censura, queste specialità della tradizione cui ha appartenuto - semmai non vi appartenesse ancora - il caro Walter Veltroni.

Che bello sarebbe il video che non vedremo mai, quello in cui quei famosi lettori spiegano a Veltroni e al Corriere queste verità meno facili. Queste verità odiose.

@iurimariaprado