Pascale lucchetti

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini, parlando durante il raduno della Lega a Pontida, l’1 luglio scorso, ha espresso l’idea che la cura dei malati psichiatrici in Italia sia stata lasciata a carico delle famiglie, senza aiuto da parte dello Stato. In particolare, il responsabile del Viminale ha detto che vorrebbe rivedere “certe finte riforme” che “portano il dramma nelle famiglie” ed ha accennato a una non meglio precisata “esplosione di aggressioni per colpa di malati psichiatrici”, consapevole (almeno a parole) di parlare senza “competenza”.

Non si capisce bene se Salvini si riferisse alla famosa “legge Basaglia” - 13 maggio 1978, n. 180 - che portò alla chiusura dei manicomi; oppure se stesse parlando della legge 30 maggio 2014, n. 81 che ha portato, nel 2017, alla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari ancora operativi in Italia (OPG). L’ambiguità risiede nel fatto che le idee espresse da ministro - nel modo più lapidario, come al suo solito - sono state poche e confuse: ma qualsiasi fosse il riferimento del leader leghista, la certezza è che sia totalmente privo di elementi di conoscenza della realtà.

Nel primo caso perché la legge Basaglia ha contribuito al miglioramento delle condizioni di vita dei pazienti psichiatrici in Italia, avviando il processo attraverso il quale i vecchi manicomi furono sostituiti da una rete costituita da: centri di salute mentale (CSM), centri diurni (CD), strutture residenziali (SR) per quanti hanno bisogno di assistenza per lunghi periodi e servizi psichiatrici di diagnosi e cura (SPDC).

Nel secondo, perché gli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg), strutture fatiscenti meglio note come manicomi criminali - dove erano rinchiusi i pazienti psichiatrici autori di reati - infliggevano condizioni di vita ancora troppo simili a quelle (terribili) dei vecchi manicomi, istituiti nel 1904, con regio decreto: una soluzione a un problema di ordine pubblico - l’unico che Salvini, oltre un secolo dopo, riesca a porsi - che non includeva l’altra, fondamentale, di salute mentale né contemplva terapie da somministrare ai pazienti.

A Salvini ha risposto la Società Italiana di Psichiatria (SIP), contestando il fatto che in Italia ci sia stata “un’esplosione di aggressioni per colpa di malati psichiatrici” in assenza di dati a sostegno di questa tesi. Al contrario, l’averla espressa - sostiene Sip - “non fa altro che aumentare paure infondate sulle persone affette da disturbi psichici, etichettandole ingiustamente ed indiscriminatamente come ‘pericolose’”.

Su quali basi il Ministro dell’Interno fonda il proprio pensiero? Quale conoscenza ha del mondo della salute mentale?, si chiede Marinella Cornacchia, presidente di Aresam, associazione per la difesa dei diritti delle persone con disagio psichico-sofferenza mentale. Nessuna, a quanto pare. “Meglio avrebbe fatto, prima di parlare”, prosegue, “a visitare i luoghi che la legge 180 ha fatto chiudere; ad informarsi sulle storie dolorose di quelle persone sofferenti (bambini ed adulti) che vi erano rinchiusi, trattati come oggetti e non come persone; a conoscere coloro che, grazie alla 180 hanno riconquistato il diritto ad avere una propria vita, a ritornare ad essere cittadini”.

Qual è il vero obiettivo di questa “sparata” dunque? Eccolo: la “restaurazione” di nuove modalità di controllo sociale che riportino a considerare le persone sofferenti solo come individui da contenere e non più da sostenere ed accompagnare nel percorso di guarigione.

Anche in questo caso siamo ritornati indietro, addirittura alla legge del 1904, che definiva la malattia mentale come un problema di ordine pubblico e non sanitario e quindi di competenza del Ministro degli Interni e dei Prefetti: dovremo ritornare a nascondere i nostri figli per evitare che siano vittime della nuova stagione di caccia, questa volta al ‘matto’?”. La questione è capovolta e, come al solito, questo governo che si autodefinisce “del Cambiamento” tarda a metterla a fuoco: l’attuazione piena e definitiva della 180 ed il Progetto Obiettivo Tutela Salute Mentale.

Come?

Garantendo che il bilancio della Sanità, dedicato alla Salute Mentale territoriale, sia finalmente in linea con quanto gli accordi tra Stato e Regioni avevano indicato (almeno il 5%) e che non è mai stato rispettato. Adeguando gli organici del servizio pubblico per la salute mentale, ormai allo stremo, perché rispondano al loro compito di accogliere, prendersi carico e cura, riabilitare e reinserire le persone sofferenti nel contesto sociale, per riportare, non solo a parole, la persona ed i suoi bisogni al centro di un programma terapeutico – riabilitativo.

La diminuzione del personale che opera sia nei Centri di salute mentale che nei Centri Diurni, entrambi in grande sofferenza, ambedue articolazioni dell’assistenza psichiatrica pubblica - in dieci anni - è pari a circa il 40 per cento. Il responsabile di un Centro diurno della Asl Roma 1 parla di una carenza di personale - nel secondo trimestre del 2017 - che ha fatto perdere al centro quasi trenta pazienti su circa novantacinque, e che ha portato la sue equipe ad erogare circa duecento prestazioni in meno, rispetto all’anno precedente.

Non sono solo numeri: pensiamo per un attimo a tutte le famiglie abbandonate a se stesse, al loro disagio, al dramma quotidiano, allo sconvolgimento subìto dalle loro vite. Ecco, in questo caso sì, caro ministro, occorrerebbe che le istituzioni prendano in carico le storie di quelle famiglie. E non solo a parole.

Ma Salvini fa quello che sa fa meglio: cavalcare l’onda del malcontento, strumentalizzare ed usare le persone come paravento, addirittura come sollecitatori di questo vero e proprio ritorno al passato. Un’operazione disonesta che un Ministro della Repubblica non dovrebbe permettersi di fare.