ienePer inquadrare al meglio – per quel poco che davvero sappiamo – il caso delle dimissioni di Francesco Spano dalla direzione dell’Unar, al centro di un grande scandalo pieno di buchi originato da un servizio della trasmissione Le Iene sui presunti fondi pubblici destinati a un’associazione per finanziare circoli in cui si praticherebbe “sesso estremo” e prostituzione, dobbiamo necessariamente spezzettare la vicenda.

I fondi sono per un progetto, non per i circoli. L’Unar è l’Ufficio nazionale anti discriminazioni razziali, creato nel 2003 dall’allora ministro Prestigiacomo (Governo Berlusconi, se lo ricordino Meloni, Alemanno e compagnia, che oggi cascano dal pero), dipende dalla Presidenza del Consiglio e ha la possibilità di stanziare alcuni fondi per promuovere progetti contro la discriminazione. Proprio come nel caso in questione.

Come ha ben ricostruito David Puente l’Anddos, Associazione Nazionale Contro le Discriminazioni da Orientamento Sessuale, è risultata beneficiaria di un finanziamento (non ancora erogato) di poco più 55mila euro - quello che il servizio de Le Iene presenta come “Orge, prostituzione e Palazzo Chigi paga?" - per (da bando di gara):

  • attività di formazione e in-formazione finalizzate al contrasto ed alla prevenzione delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere in ambiti professionali;
  • attività di formazione e in-formazione diretta al personale della P.A, e del privato sociale che eroghi servizi (esempio: consultori, centri per l’impiego, ospedali, servizi sociali, etc.);
  • attività di formazione e in-formazione diretta agli ordini professionali (esempio: ordine degli psicologi, ordine degli avvocati, ordine dei giornalisti, ordine dei medici, etc.)

Dato che i fondi non sono stati assegnati, è impossibile dire con certezza che quei soldi non sarebbero andati in qualche modo a finanziare il circolo dove si svolgerebbero le cose terribili mostrate dal servizio (ci arriviamo subito), ma possiamo ipotizzare che sarebbe stato difficile, se non altro perché un terzo, importante, soggetto coinvolto nella vicenda avrebbe dovuto essere totalmente cieco e connivente. Ma non è questo, alla fine, il vero punto.

Questione di “cazzi”. Il servizio, che sembra basarsi su quanto rivelato da un “segnalatore”, evidenzia come in almeno un circolo affiliato ad Anddos si pratichi la prostituzione maschile e siano presenti cose incredibili come le ‘dark room’ – luoghi in cui si fa sesso al buio – e si faccia “sesso estremo” con i cosiddetti glory hole (ma come le persone vivono la propria sessualità è affare dei singoli, anche Le Iene lo sanno, tanto da spingersi in un ironicissimo “letteralmente cazzi loro”).

Facciamo tre appunti allora. Il primo è che la prostituzione, che in sé non è un reato, è un problema che sarà cura delle autorità – e dell’Anddos e dell’Unar che finora, ovviamente, ha fatto controlli “un po’ a cazzo” – approfondire e valutare in termini di legalità e rispetto dei valori dell’associazione. Tenendo a mente che ogni circolo conserva la propria responsabilità giuridica su ciò che fa e che, per quanto ci sia un’affiliazione, l’associazione ha poteri di controllo limitati, mentre per i bandi il controllo a monte dell’Unar non può che essere di tipo formale.

Il secondo è che i locali in cui si può far sesso – dark room, glory hole, orge o quello che ci pare – non sono vietati, l’affiliazione di alcuni di essi all’Anddos è palese, e il fatto che esistano anche per le persone omosessuali non si capisce quale connessione abbia con la discriminazione razziale e sessuale. Perché allora mostrare orge, uomini nudi e atti sessuali nell’inchiesta?

Il terzo appunto è che incentrare artatamente il servizio sull’esistenza di tali circoli, sull’attività che lì dentro si svolge e pompare la loro affiliazione con Anddos, serve a Le Iene per far passare il messaggio che i soldi dei cittadini vengono dati per promuovere delle perversioni anziché per un progetto contro la discriminazione, da realizzare con la partnership dell’Università La Sapienza di Roma, come risulta dalla graduatoria pubblica.

Il dettaglio dimenticato. Quest’ultimo elemento non è banale: come farebbe l’Università a proporre tranquillamente un progetto che finanzia prostituzione e orge in circoli privati? Le Iene lo hanno totalmente tralasciato. Eppure due domande potevano essere fatte a qualche responsabile dell’Università se davvero c’è il rischio di uno sperpero così infimo di soldi dei cittadini.

No, meglio puntare il dito sul ribrezzo per il sesso omosessuale, sui cazzi, sui culi, sulle orge tra uomini, sulle pratiche di sesso estremo, sulla poca credibilità di un ente che difende i diritti della comunità Lgbt, che addirittura riconosce un’associazione che permette ai gay di incontrarsi e fare sesso e, infine, su un uomo solo: il direttore dell’Unar, mettendolo sulla graticola con l’accusa di finanziare attività ignobili con la solita intervista a sorpresa commentata, fino a cuocerlo a puntino per arrivare alle sue dimissioni e dimostrare di avere ragione.

Spano affiliato ad Anddos, embè? Proprio il ruolo di Spano – intervistato mentre indossava “un appariscente cappottino arancione”, molto gay d’altronde - è un altro capo d’accusa de Le Iene contro l’Unar: il suo essere direttore e contemporaneamente, a quanto di dice, sottoscrittore di una tessera socio di Anddos. Come può, da (presunto) socio, approvare finanziamenti per la ‘sua’ associazione? Beh, se non siete asociali come chi scrive, avrete notato che in molti casi uscire la sera o partecipare a qualche evento che ci interessa sarebbe difficile senza avere in tasca la tessera di qualche associazione (provate a fare un giro in Emilia senza tessera Arci). Se è vero che formalmente si diventa soci, è anche vero che sostanzialmente è una carica nella grande maggioranza dei casi di nessun valore: non si esercita alcun potere nell’associazione, si acquista al più il diritto di entrare in alcuni locali affiliati. Assumere dalla sua presunta associazione l’esistenza di un reale conflitto d’interessi è decisamente affrettato, senza verifiche più approfondite che escludano questa eventualità.

Ma poco conta, perché il punto essenziale di tutto il servizio è il modo in cui è stato veicolato l’intero messaggio: far leva sulla pulsione omofobica di tanti italiani per creare uno scandalo e ingigantirlo oltremisura. Pazienza se magari, alla fine, sarà l’ennesimo piatto di nulla condito con niente, pazienza se la reputazione di un uomo, di un ente, di un’associazione e di un’intera comunità verrà compromessa sulla base di una tesi piena di buchi. Non fa nulla, perché – lo abbiamo imparato con il caso Stamina – se Le Iene hanno una colpa, è solo quella di appassionarsi e raccontare storie.