marijuana foglia

(Public Policy / stradeonline.it) – Roma, 16 lug – Dopo la conferenza stampa di presentazione tenutasi ieri, sono emersi con maggiore chiarezza alcuni degli aspetti della proposta di legge per la legalizzazione dei derivati della cannabis sottoscritta, a questo momento, da 248 deputati e senatori ed elaborata dall'intergruppo parlamentare coordinato dal sottosegretario agli esteri Benedetto Della Vedova.

Ecco i principali: la possibilità per i maggiorenni di detenere fino a cinque grammi di hashish e marijuana (quindici in privato domicilio), di coltivare cinque piante di sesso femminile e di conservarne legalmente il prodotto, nonché di costituire enti no profit - i cosiddetti cannabis social club - composti da non più di 50 membri, per soddisfare le comuni esigenze di consumo con un'autoproduzione proporzionata al numero degli associati (al massimo, dunque, 250 piante); l'istituzione di un regime di produzione e vendita mutuato da quello dei tabacchi, sia per gli aspetti fiscali, che commerciali, con un monopolio statale e l'autorizzazione all'esercizio dell'attività di coltivazione, trasformazione e distribuzione anche da parte di soggetti privati. La riforma poggia su un impianto normativo orientato non solo a separare in modo netto il mercato legale da quello illegale, ma anche a distinguere, in modo meno incerto rispetto ad oggi, le condotte consentite da quelle illecite.

Ad uscire radicalmente rovesciato, dunque, non è solo il regime dell'offerta, ma anche quello della domanda e delle condotte connesse e su questo aspetto pochi hanno notato la portata del cambiamento introdotto. I primi articoli della proposta di legge intervengono tutti in questo ambito. È positivamente disciplinata l'auto-produzione (articolo 1), la detenzione (articolo 2) e depenalizzata la cessione gratuita (articolo 3) destinata all'uso personale o sociale (il caso tipico è quello del "passaggio" dello spinello), entro i limiti fissati per la detenzione, di modo che tutte le condotte prodromiche e preordinate al consumo risultino giuridicamente al riparo di un confine quantitativo ed evitino di scivolare, come accade normalmente oggi, non solo nel campo di applicazione dell'articolo 75 del DPR 309/90, che prevede sanzioni amministrative comminate ai consumatori - previsione, questa, abrogata per la cannabis dall'articolo 4 della proposta di legge dell'intergruppo - ma anche in quello della disciplina penale, laddove il detentore, secondo un paradossale rovesciamento dell'onere della prova, non riesca a dimostrare (questo oggi prevede l'articolo 75, comma 1-bis del DPR 309/90), sulla base del peso o del confezionamento della sostanza detenuta o di altre circostante di fatto, di non essere uno spacciatore.

Resterebbero ovviamente sanzionabili, anche se aventi ad oggetto quantità di cannabis inferiori ai 5 grammi, le fattispecie che oggi rientrano nell'art. 73 del DPR 309/90: tipicamente, il piccolo spaccio, ma in questo caso l'onere della prova tornerebbe coerentemente a carico di chi accusa. Essere "beccati" con qualche grammo di cannabis in tasca, però, non darebbe luogo ad alcuna contestazione e il detentore non dovrebbe dimostrarne né l'origine, né la provenienza. Per coltivare qualche piantina nella produzione-fai-da-te sarebbe sufficiente una mera comunicazione Ufficio regionale dei monopoli territorialmente competente. E far girare uno spinello durante una cena non porterebbe, come accade inevitabilmente oggi, a un processo e a una condanna.

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