clintontrump debate

'Gli elettori di Trump stanno ancora con lui. Quelli di Hillary stanno ancora con Hillary. Gli indecisi sono ancora indecisi. E in molti vorrebbero candidati migliori'. Questo semplicissimo giudizio espresso a caldo su Twitter da Ari Fleischer, che fu addetto stampa della Casa Bianca ai tempi di George W. Bush, riassume il succo del primo dibattito fra i due pretendenti di questa elezione presidenziale.

Trump non è incorso in gaffe clamorose o in eccessi forsennati. Hillary non è risultata né troppo falsa né troppo debole (neanche fisicamente). Entrambi hanno evitato il peggio e portato a casa qualcosa. Il dibattito, però, è stato nel complesso sgradevole. 90 minuti di battibecco quasi interamente dedicati alla denigrazione dell'avversario: entrambi parevano chiedere il voto solo perché l'antagonista sarebbe molto peggio.

Hillary si è confermata zavorrata dal piombo che la continuità con la presidenza Obama non può non metterle nelle ali. Ogni volta che ha provato a parlare di qualche problema da affrontare, Trump le è saltato su con rimbrotti del tipo: e tu dov'eri in questi anni? Hai avuto 30 anni per risolvere questo problema, ora basta. Questa è inesorabilmente una "change election", qualsiasi candidato democratico ne patirebbe, e Hillary è forse la meno adatta a tentare di smarcarsi.

Trump invece ha tentato di risultare un po più "presidenziale" ma con risultati modesti. È arduo, senza proporre granché di concreto. Alla lunga, dopo una prima mezz'ora di battute e slogan elementari, risulta inadeguato.

Tra i due forse chi ne esce un po' meglio è Hillary, la quale ha però giocato quasi tutti gli attacchi personali all'avversario: dalla campagna su Obama "nato in Kenya" di 4 anni fa, alle battute sessiste e misogine, alle dichiarazioni dei redditi mai rese pubbliche. Calate queste carte, cosa le resta da giocarsi il 9 ottobre?