assenteisti

“I cittadini italiani si dividono in due categorie: i furbi e i fessi”. La vera lotta di classe in Italia l’aveva descritta già nel lontano 1921 nel Codice della vita italiana quel geniale intellettuale di Giuseppe Prezzolini. “Non c'è una definizione di fesso. Però: se uno paga il biglietto intero in ferrovia; non entra gratis a teatro; non ha un commendatore zio, amico della moglie e potente sulla magistratura, nella pubblica istruzione, ecc.; non è massone o gesuita; dichiara all'agente delle imposte il suo vero reddito; mantiene la parola data anche a costo di perderci, ecc. – questi è un fesso”. E poi ancora, nel tracciare la linea di demarcazione tra le due classi, Prezzolini diceva che “Il fesso si interessa al problema della produzione della ricchezza. Il furbo soprattutto a quello della distribuzione”. La conclusione è che “L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono”.

Quella descrizione della società italiana, a distanza di quasi 100 anni, è stata in parte ripresa con successo dal “gentismo”, l’ideologia grillina, che divide la società in due nuove categorie, da un lato la “gente” che soffre (“gli italiani hanno fame e voi gli avete tolto il pane!”, urlava Dibba) e dall’altro la “kasta” che mangia alle sue spalle. Ma la società muta e diventa più complessa e già qualche anno fa un altro intellettuale di destra, Marcello Veneziani, in occasione dell’arresto del “Madoff dei Parioli” – il broker che ha truffato molti vip proponendo rendimenti stellari – scrisse che bisognava aggiornare il codice di Prezzolini con un nuovo tipo d’italiano, “il furbesso, un furbo con lampi decisivi di idiozia”.

Allo stesso modo la vicenda di Sanremo, con i quasi 200 dipendenti indagati per assenteismo, tra un impiegato in canoa e un vigile in canotta, ci ha mostrato che la realtà è composta da una scala di grigi che il “gentismo” non riesce a cogliere, e ora siamo di fronte a una nuova specie d’italiano, probabilmente la più diffusa, che non è né "gente" né "kasta", ma un mostro che unisce il peggio di entrambe: è la “kastagente”. Sono persone comuni, pubblicamente gentiste, che si comportano da kasta quando ne hanno la possibilità. Secondo la cronaca locale del sito SanremoNews, gli assenteisti del comune erano degli accaniti critici della kasta. Dopo aver strisciato 4 o 5 badge, una giornata a fare shopping o a pagaiare in canoa durante l’orario di lavoro, i furbetti del cartellino se la prendevano sui social network con i “politici condannati e corrotti che saccheggiano ogni santo giorno uno dei paesi più belli del mondo”, “con i maiali che manteniamo a Roma” e condividevano video della senatrice grillina Paola Taverna che accusava Renzi di non aver mai lavorato.

Ovviamente non è colpa del Movimento 5 Stelle se alcuni simpatizzanti si comportano in maniera disonesta, la sua colpa è quella di essersi trasformato nel tempo da “movimento della gente” a “partito della kastagente”, da movimento che giustamente attaccava i privilegi della kasta a forza politica che non vuole scontentare piccoli-grandi gruppi di elettori privilegiati. Quando ad esempio a Roma si parla di come mettere mano alla situazione disastrosa di municipalizzate come Ama e Atac, i grillini rispondono che basta eliminare qualche dirigente (la kasta) senza privatizzare o ridurre l’organico ipertrofico (la kastagente). Se si parla di “spending review” e di riduzione della spesa pubblica, i grillini rispondono che si deve eliminare il finanziamento ai partiti e ridurre il costo della politica (la kasta) ma che sul resto della spesa (che riguarda la kastagente) bisogna fare prima uno studio “di almeno 7-8 anni per evitare tagli scellerati”. Sul tema del contenimento della spesa previdenziale bisogna eliminare i vitalizi dei politici (la kasta), ma si devono restituire tutti e subito i soldi della sentenza della Consulta sulle pensioni anche a chi percepisce assegni 4-5-6 volte il minimo (la kastagente) anche a costo di mettere a rischio la tenuta dei conti pubblici. Gli esempi sono tanti e si potrebbe continuare.

Se il paese è in condizioni critiche la responsabilità è sicuramente di una classe politica che in molti casi ha pensato a tutelare i propri interessi, ma la soluzione dei problemi non passa certo per una nuova classe politica che tutela sacche di parassitismo, perché a livello quantitativo i mali dell’Italia derivano più dai piccoli e diffusi privilegi della kastagente che da quelli grandi e concentrati della kasta. Chi fa credere il contrario è un furbo e chi ci crede è un fesso, direbbe Prezzolini.

@lucianocapone