Mitsotakis

Le elezioni politiche del 20 settembre sembrano già lontanissime. A distanza di una settimana c'è un nuovo esecutivo, già al lavoro. Tsipras, nel primo consiglio dei ministri tenutosi poco prima della sua partenza per New York, dove è intervenuto alle Nazioni Unite, ha illustrato quelle che saranno le prime priorità dell'azione di governo: una legge sull'assegnazione delle frequenze televisive, un nuovo sistema fiscale più equo e redistributivo, nuova lotta alla corruzione (anche grazie ad un sistema sanitario universalistico che eviti il consueto traffico di bustarelle fra pazienti e medici), revisione delle normative giuslavoristiche che hanno abolito i contratti nazionali, proposte alternative ma credibili e sostenibili al piano dei creditori europei che pure ha firmato prima di dimettersi (mossa che ha pagato, visto che è stato rieletto).

Il primo vero banco di prova governativo è già la prossima settimana: il 5 ottobre è la data ultima per la predisposizione del nuovo bilancio dello Stato che deve necessariamente recepire le richieste dei creditori del memorandum di un mese fa. La possibilità di rinegoziare o almeno dilazionare il debito dipende da come questo bilancio verrà scritto: la credibilità del nuovo governo è già sotto gli occhi del mondo.

Ugualmente chiari appaiono i vincitori e i vinti della tornata elettorale: ha vinto Syriza o meglio il suo leader, che, pur con meno voti di prima per via della forte astensione, continua a governare. Ha vinto Kammenos, il leader dei Greci Indipendenti, di nuovo al governo, che ha irriso e ribaltato i sondaggi. Ha vinto Alba Dorata che continua a crescere nonostante gli arresti dei suoi esponenti di vertice. Tutto sommato ha vinto anche il Pasok, che, pur lontanissimo dai fasti del passato, riesce ad arginare la caduta libera e a dare un'immagine di sè più nuova e meno compromessa con il passato.

Hanno perso, con un bel tonfo, quelli di Unità Popolare, con tanti nomi di peso del vecchio governo Tsipras, compresa la ex Presidente del Parlamento (ma non il celeberrimo Varoufakis che pure appoggiando l'operazione politica non si è direttamente esposto): sono arrivati ad uno 0,14 dalla soglia di sbarramento e quindi 0 seggi conquistati, dimostrando che i Greci, per la maggior parte, non sono affatto per l'uscita dall'Euro e quelli che lo sono preferiscono votare partiti più tradizionalmente anti sistema, come il KKE (e, dall'altra parte, Alba Dorata). Ha perso, con un altro sonoro tonfo, Potami di Theodorakis: puntava al dieci per cento, non è arrivato neanche alla metà, porta (pochi) suoi in Parlamento ma di fatto è ininfluente.

E Nea Dimokratia? Sul partito arrivato secondo i commentatori si sono spaccati. Per alcuni la leadership di Vanghelis Meimarakis è stata fallimentare: risultato elettorale deludente, con il partito fermo sulle stesse percentuali di gennaio. Per altri invece sarebbe potuta andare peggio, anche se tutti i sondaggi dell'ultim'ora che davano i due partiti di vertice vicini o al massimo separati da uno, due punti sono stati sconfessati: il divario è di ben 7,5 punti, un risultato netto.

Non a caso, appena due giorni dopo il voto, Meimarakis ha di fatto rimesso il mandato, dando subito il via al processo di selezione delle candidature per l'elezione del nuovo presidente, con svariati mesi di anticipo rispetto alla data prevista prima delle elezioni politiche.
Tanta accelerazione è dovuta soprattutto alla "discesa in campo" di Kyriakos Mitsotakis, ex ministro della pubblica amministrazione durante il governo Samaras (e a cui furono occupati gli uffici dagli insegnanti inferociti per i tagli), con posizioni moderniste e liberiste che ha dichiarato la sua intenzione di correre per la presidenza, auspicando una sorta di elezioni primarie, aperte non solo agli iscritti del partito. Un quarantenne di bell'aspetto, sicuramente più in grado di chi l'ha preceduto di intercettare l'elettorato più giovane, che, se non supporter di Syriza, in moltissimi casi ha preferito non andare proprio a votare settimana scorsa.

Il nuovo che avanza quindi? Beh, non proprio. Il cognome Mitsotakis è quello di una dinastia potentissima in Grecia, una delle tre famiglie che ha avuto una sorta di monopolio della vita politica del paese dal ritorno della democrazia, dopo i Colonnelli. Il padre, il quasi centenario Konstantinos, è presidente onorario di Nea Dimokratia, la sorella, Dora Bakoyannis, è stata Ministro della Cultura, sindaco di Atene ed è tuttora in Parlamento, una delle personalità più influenti di ND, sempre presente sui media e spesso all'estero in rappresentanza del partito. I due fratelli a marzo scorso sono stati anche protagonisti di una veemente polemica contro la Presidente della Camera Konstantopoulou quando questa, per motivi di spending review, voleva togliere il beneficio dell'ufficio al Parlamento al capostipite, dovuto in quanto ex capo del Governo.

Stavolta però i due fratelli non sono dalla stessa parte: Dora ha dichiarato che non sosterrà Kyriakos ma darà il suo appoggio all'uscente Meimarakis. Dietro potrebbe esserci un ulteriore affare di famiglia: il figlio di Dora, Kostas Bakoyannis, governatore della Regione della Grecia centrale dal 2014, candidatosi come indipendente ma eletto con i voti di ND che non ha presentato un suo candidato, è da molti indicato come il vero candidato anti Tsipras: più giovane di qualche anno del primo ministro, con ottimi studi all'estero, una bella famiglia e l'esperienza politica prima come sindaco, poi come presidente di Regione. Probabilmente è troppo presto per una sfida diretta con lo zio, meglio aspettare un altro turno. E la dinastia continua.