Scrive Odifreddi, a commento di un post sul suo blog nel quale si metteva in dubbio, peraltro con buone ragioni, l’opportunità di istituire il “reato di negazionismo”:

non entro nello specifico delle camere a gas perché di esse so appunto soltanto ciò che mi è stato fornito dal ‘ministero della propaganda’ alleato nel dopoguerra, e non avendo mai fatto ricerche, e non essendo uno storico, non posso fare altro che ‘uniformarmi’ all’opinione comune; ma almeno sono cosciente del fatto che di opinione si tratti, e che le cose possano stare molto diversamente da come mi è stato insegnato.

Sorvoliamo sulla scelta dell’esempio, che definire discutibile e sospetta è un eufemismo. Accettiamo, nostro malgrado, l’idea che a Piergiorgio Odifreddi piaccia giocare con le parole, e andiamo al nocciolo, alla sostanza del concetto, che in fondo non è nemmeno tanto nuovo né originale: la bontà della “storia scritta dai vincitori”.

Darwin-Charles

Anche la divulgazione scientifica si basa su un principio di autorità: non ho le competenze per verificare, a volte nemmeno per comprendere, devo fidarmi del narratore. Mi fido delle riviste scientifiche perché so che lì si verificano i dati, anche se non ho mai visto nessuno farlo di fronte ai miei occhi. E infatti bufalari e complottisti usano, nei confronti della scienza “ufficiale”, lo stesso metodo che usa Odifreddi nei confronti della storia, la demolizione della credibilità del narratore. Ora, noi sappiamo che una ricerca scientifica è buona o cattiva per quel che dice, non per chi l'ha fatta. Uno studio, che sia finanziato da Greenpeace, o da Monsanto, non può essere definito né buono né cattivo prima di averne verificato le conclusioni. Per questa stessa ragione, il fatto che la storia sia stata scritta dai vincitori, non significa nulla a priori.

E’ vero che la verità storica non si istituisce per legge, e che questo vezzo è tipico più degli stati etici che degli stati di diritto. Su questo Odifreddi ha perfettamente ragione. Peraltro Odifreddi sa bene che anche la scienza non pretende di mettere parole definitive, figuriamoci se può pretendere di farlo la storiografia, i cui risultati non sono replicabili. Ma se lui sostiene (o insinua) che le cose siano andate diversamente, deve prendersi la briga di dimostrarlo, con gli stessi strumenti che hanno usato gli storici per avallare la “versione dei vincitori”: gli strumenti della ricerca, dato che il consenso tra gli storici (non tra i reduci dei campi di sterminio) su quel che sono state le camere a gas è unanime. E dire "vabbé, mi tocca fidarmi, ma è comunque un'opinione" è un artificio retorico intellettualmente disonesto, perché tende a indebolire la credibilità altrui senza prendersi la responsabilità e l'onere di produrre argomenti migliori.

Se Odifreddi mette in discussione la "versione ufficiale", qualsiasi siano le ragioni per cui lo fa - perché è ufficiale, perché l'hanno scritta i vincitori, perché lui non c'era e quindi non si fida, per quel cavolo che gli pare - l'onere della prova spetta a lui. E l'onere della prova non è una discussione filosofica che va allo stato dell'arte della conoscenza umana – cosa è scienza, cosa non lo è - e che sfigura i tanti e diversi gradi di approssimazione dei tanti e diversi campi della ricerca in un artificio retorico ad uso di ogni convenienza. L'onere della prova consiste nel dimostrare che la versione ufficiale è sbagliata. Attraverso approssimazioni storiografiche, certo, e siamo tutti in grado di riconoscere ed accettare in una ricostruzione storica un livello di indeterminatezza maggiore di quella che si può ritrovare in una teoria scientifica verificata nella sperimentazione. Ma non può evitare questo passaggio.