A partire da quest'anno le attività illegali entreranno a far parte del computo del PIL. A voler fare – con qualche sforzo – un commento serio, non c'è niente di assurdo nel considerare l'hashish parte del PIL: ogni attività economica contribuisce al valore dei beni e dei servizi prodotti, anche se illegale. La novità potrebbe avere conseguenze sulla distribuzione dei redditi, ad esempio portando le zone di Roma comprese tra la Salaria e la Casilina a livelli di PIL pro capite degni del Principato di Monaco. Al di là delle statistiche sulla distribuzione dei redditi e della ricchezza – ora di moda per via di Piketty – ci saranno conseguenze altrettanto importanti in molti altri ambiti.

cannabis grandePotremo calcolare la pressione fiscale non sul PIL prodotto dai contribuenti, ma su un PIL maggiorato che include attività in nero e in cronaca nera. Ciò già accadeva con l'economia "sommersa" (un sesto del PIL), ma sarà ancora più vero con l'economia criminale. Vedremo quindi una diminuzione della pressione fiscale di cui ci si vanterà su ogni manifesto elettorale dalle Alpi a Lampedusa. L'Italia non cresce da almeno venti anni: chissà se è colpa del fatto che abbiamo trascurato la ricchezza prodotta dagli spacciatori di marijuana o di servizi ben più personali forniti fuori dal normale orario di ufficio? Potremmo scoprire che abbiamo sottovalutato il potenziale del sistema paese, con grande beneficio per l'autostima nazionale: meglio di una sniffata, insomma.

Purtroppo non mi aspetto grandi effetti sulla crescita: dubito che la produttività in questi mercati cresca rapidamente, trattandosi perlopiù di servizi alla persona, salvo eventuale utilizzo di cannabis OGM, alquanto improbabile in questo paese innamorato del Paleolitico. Il tasso di ritorno su investimenti criminali è di norma enorme, e ciò produrrà un aumento della quota di redditi da capitale a scapito di quella da lavoro, e la disperazione di Piketty. Fiato alle trombe dell'anticapitalismo militante, insomma, anche se a guardar bene è il proibizionismo che consente profitti maggiorati e alimenta lo sfruttamento.

Sfortunatamente si parla solo dell'1.3% del PIL, almeno il primo anno, ma dato che si tratta di una evidente sottostima, spalmando su un decennio la valutazione delle attività criminali si potrebbe risolvere il problema della stagnazione. Se il contributo alla crescita potrebbe rivelarsi deludente, uno shock una tantum sul PIL potrebbe avere conseguenze rilevanti su debito e deficit, aiutando il paese a liberarsi dai vincoli imposti dalla Teteska Kattiva di cui tutti, politici e antipolitici, si lamentano. Un aumento del PIL del 10% consentirebbe di fare circa 500 milioni di deficit in più, e di ridurre il rapporto debito/PIL dal 135 al 123% con un tratto di penna. Renzi ha finalmente trovato le coperture?

Il clientelismo italiano non aspetta altro, e come in passato si sono usati i "dividendi dell'euro" – oltre due punti di interesse in meno sul debito per oltre un decennio – per aumentare la spesa primaria, soprattutto previdenziale, possiamo facilmente supporre che anche l'inclusione del mestiere più antico del mondo nel PIL diventerà un'occasione d'oro per procrastinare le riforme strutturali. Rischiamo dunque di mandare tutto a... ehm, si è capito. La decisione UE di contabilizzare i settori illegali è comunque tecnicamente ineccepibile: molto più ineccepibile di certe politiche di bilancio degli ultimi decenni.

@pietrom79